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Il monito di Draghi: l’Europa rischia di perdere i suoi migliori talenti

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C’è un’emergenza silenziosa che sta trasformando l’Europa. I giovani più brillanti, quelli che dovrebbero guidare il futuro del continente, stanno lasciando i loro Paesi d’origine per inseguire opportunità nei membri più ricchi dell’Unione Europea. Questa libertà di movimento, tanto celebrata, si sta trasformando in un’arma a doppio taglio per le nazioni meno sviluppate. Come ha ammonito recentemente Mario Draghi, ex presidente della BCE, l’Europa è a rischio di una “lenta agonia”  se non saprà affrontare le sue debolezze strutturali.

Mentre i riflettori dei media e dei politici si concentrano sull’immigrazione irregolare dall’Africa del Nord, si ignora una crisi che potrebbe minare il tessuto sociale e il potenziale economico del continente: la fuga dei cervelli. “Se chi emigra è tra i più brillanti o gli imprenditori più capaci, il potenziale di crescita di un Paese viene irrimediabilmente compromesso,”  sottolinea Massimo Anelli, ricercatore presso l’Università Bocconi.

Dall’Ungheria, dove il salario medio è di soli 13 euro l’ora contro i 41 euro dell’Austria, all’Italia, al Portogallo e alla Grecia, le nazioni più fragili stanno pagando il prezzo più alto. Il caso ungherese è emblematico: dal 2004, il numero di cittadini ungheresi residenti in Austria è passato da 14.000 a oltre 100.000.

Dietro questa migrazione di massa ci sono fattori profondi: la disoccupazione giovanile, condizioni lavorative precarie, sistemi educativi carenti e una governance debole. In Grecia, ad esempio, la crisi finanziaria del 2008 ha spinto intere generazioni a cercare un futuro migliore altrove. Ma non si tratta solo di economia: è l’intero sistema politico e sociale a scoraggiare i giovani, alimentando una mentalità di emigrazione che sembra irreversibile.

Alcuni Paesi stanno cercando di arginare questa emorragia. Il Portogallo, ad esempio, offre un’esenzione fiscale totale per gli under 35 che guadagnano fino a 28.000 euro l’anno. Anche l’Italia aveva introdotto un programma simile, ma i costi esorbitanti – oltre 1,3 miliardi di euro in entrate fiscali perse – hanno portato a una sua drastica riduzione. La Lettonia, invece, ha adottato una strategia più ambiziosa, con riforme mirate all’istruzione superiore per migliorare qualità e competitività.

Mario Draghi, durante il Simposio del Centre for Economic Policy Research a Parigi, ha lanciato un monito chiaro: l’Europa deve investire fino a 800 miliardi di euro all’anno in energia, difesa, digitalizzazione e ricerca per restare “inclusiva, sicura, indipendente e sostenibile.” Questi investimenti non includono nemmeno priorità cruciali come la protezione ambientale e l’adattamento climatico.

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Non agire ora significa tradire le nuove generazioni. I leader europei devono andare oltre la semplice gestione dello status quo: è una battaglia contro il tempo per salvare il cuore pulsante dell’Europa, il suo capitale umano.

Foto: Shutterstock.com

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