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Sudan in ginocchio: crolla la diga di Arbaat, centinaia in fuga

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Un incubo di distruzione ha travolto la provincia di Meroe, in Sudan, dove la furia delle acque ha causato il crollo della diga di Arbaat, scatenando un’inondazione che ha seminato morte e devastazione. Il bilancio è terribile: almeno 30 vite spezzate e decine di persone ancora disperse. Ma il numero delle vittime potrebbe salire, con le autorità che temono che molti siano rimasti intrappolati nel fango o abbiano perso tutto nel caos.

L’epicentro di questa tragedia si trova a Tangasi, a 300 chilometri dalla capitale Khartoum. Ma non è solo questa cittadina a piangere i suoi morti: fino a 50.000 persone nelle zone circostanti la diga sono state “gravemente colpite”, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA). “Circa 70 villaggi attorno alla diga di Arbaat sono stati investiti dall’inondazione lampo, e 20 di questi sono stati completamente distrutti” .

La diga, situata 38 chilometri a nord-ovest di Port Sudan, ha ceduto sotto la violenza delle piogge torrenziali che hanno flagellato il Sudan dall’inizio della stagione delle piogge. Port Sudan, ora sede del governo de facto, è diventata un rifugio per le autorità costrette a fuggire dalla capitale a causa dei brutali scontri tra l’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di Supporto Rapido (RSF) di Mohamed Hamdan Daglo. Il Sudan è in ginocchio, preso in una morsa mortale tra la guerra e la furia della natura.

Ma non è tutto. Il Ministero della Salute ha riferito che, quest’anno, le piogge torrenziali hanno causato la morte di 132 persone in 10 stati del paese, con le aree settentrionali e quelle lungo il Nilo tra le più colpite. Le infrastrutture del Sudan, già fragili prima del conflitto, sono state distrutte sistematicamente, aggravando ulteriormente la sofferenza di una popolazione ormai allo stremo. La guerra non ha risparmiato nemmeno le strutture civili, con riparazioni e manutenzioni impossibili da effettuare in un contesto di violenze continue.

In un paese dove la disperazione è diventata la norma, le atrocità commesse da entrambe le fazioni in lotta – dall’esercito alle RSF – hanno lasciato una cicatrice profonda, mentre gli aiuti umanitari restano bloccati. E intanto, l’ombra della carestia si allunga su un popolo che ha già perso tutto.

Foto: [Archivio Times Of Malta]

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