Uno dei simboli più importanti dell’azione umanitaria globale è a rischio chiusura. Il Museo della Croce Rossa di Ginevra, che da quasi quarant’anni racconta la storia della solidarietà e del diritto internazionale umanitario, potrebbe presto chiudere i battenti a causa di un’improvvisa decisione del governo svizzero. E c’è chi ipotizza persino un trasferimento ad Abu Dhabi.
Una notizia che ha colto di sorpresa anche il direttore del museo, Pascal Hufschmid, che lo scorso settembre ha scoperto con sgomento che il destino dell’istituzione era stato compromesso da una semplice misura amministrativa all’interno di un più ampio piano di risparmio governativo. “Questa decisione mette a rischio l’esistenza stessa del museo”
, ha dichiarato il direttore svizzero, storico di professione, in un’intervista all’AFP.
Il museo, situato accanto alla sede del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), è stato inaugurato nel 1988 e accoglie ogni anno circa 120.000 visitatori, dalle scolaresche ai più alti dignitari. Tra le sue preziose collezioni, circa 30.000 oggetti che testimoniano la storia e l’evoluzione del movimento umanitario. Tra i pezzi più importanti spicca la prima medaglia del Premio Nobel per la Pace, assegnata nel 1901 al fondatore della Croce Rossa, Henry Dunant, che la condivise con il pacifista francese Frédéric Passy. Inoltre, il museo ospita gli archivi dell’Agenzia Internazionale per i Prigionieri di Guerra dell’ICRC, istituita per ricongiungere le famiglie separate durante la Prima Guerra Mondiale e oggi riconosciuta nel registro “Memory of the World” dell’UNESCO.
“Attraverso questa incredibile eredità vogliamo creare un dialogo su cosa significhi davvero l’azione umanitaria nella vita di tutti i giorni”, ha spiegato Hufschmid, ricordando come il governo svizzero abbia sempre riconosciuto il valore del museo e il suo ruolo nel raccontare “la storia di un’idea nata in Svizzera e di figure storiche di rilievo, come Dunant”
.
Ma lo scorso settembre, tutto è cambiato. Un gruppo di esperti ha proposto di trasferire la responsabilità del finanziamento del museo dal Ministero degli Esteri a quello della Cultura. Sembrava un semplice passaggio amministrativo, ma in realtà si è rivelato un taglio drastico ai fondi.
Dal 1991, il museo riceveva un contributo fisso di 1,1 milioni di franchi svizzeri all’anno (circa 1,2 milioni di dollari), pari a un quarto del suo bilancio complessivo. Con la nuova regolamentazione, invece, dovrà competere con centinaia di altri musei per ottenere fondi tramite bandi pubblici. “Di solito, i musei che partecipano a questi bandi ottengono sovvenzioni pari a circa il 5-7% delle loro spese. Nel nostro caso, significherebbe un massimo di 300.000 franchi”, ha spiegato Hufschmid. “Improvvisamente ho capito che dal 2027 ci troveremo in un deficit strutturale… e dovremo chiudere”.
La notizia ha scatenato una reazione politica e istituzionale. Il Cantone di Ginevra ha intensificato il suo sostegno e parlamentari a livello locale e nazionale stanno cercando una soluzione. Tra le proposte in campo c’è anche la nazionalizzazione del museo, che potrebbe garantirne la sopravvivenza a lungo termine.
Ma alcune voci hanno avanzato un’idea ancora più drastica: spostare il museo ad Abu Dhabi, città che ospita già importanti istituzioni culturali internazionali, come una sede del Louvre.
Una possibilità che il direttore del museo rifiuta categoricamente. “Siamo rimasti scioccati nel sentire questa ipotesi, perché siamo profondamente legati all’identità svizzera, alla sua eredità, alle idee nate in questo paese. La Svizzera è il depositario delle Convenzioni di Ginevra. Siamo un museo svizzero e resteremo in Svizzera”.
Foto: Fabrice Coffrini/AFP