Sta per esplodere una rivoluzione nel calcio europeo? La Norvegia potrebbe essere la prima nazione ad avere il coraggio di dire addio al VAR, quel sistema che, secondo molti, sta lentamente uccidendo l’anima di questo sport.
Se fino a poco tempo fa sembrava solo una battaglia isolata, oggi la ribellione anti-VAR prende una piega decisamente seria. I club della massima serie norvegese non hanno mai nascosto il loro odio per il sistema, e i tifosi hanno più volte dato spettacolo con proteste originali: palline da tennis, fumogeni e persino polpette di pesce lanciate in campo. Il messaggio? Basta con il VAR, ci sta rubando il calcio.
E ora la situazione è al punto di rottura.
La scorsa settimana, Norsk Topfotball, l’organizzazione che rappresenta i 32 club delle prime due divisioni, ha votato in modo schiacciante per sbarazzarsi del VAR “il prima possibile”. Un verdetto che ha messo con le spalle al muro la federazione calcistica norvegese (NFF), la quale insiste nel voler mantenere la tecnologia, magari con qualche modifica. Ma la domanda è: davvero si può migliorare qualcosa che ha già dimostrato di essere un fallimento?
La verità è che la NFF ha paura. Paura di essere vista come un’anomalia agli occhi della UEFA, un’associazione anti-tecnologica che rifiuta il progresso. Ma se decidesse di abbracciare il volere dei club, potrebbe trasformare la Norvegia in un simbolo per tutti coloro che credono che il VAR abbia snaturato il gioco. E chissà, forse anche trovare alternative più efficaci, come l’introduzione di più ufficiali di gara in campo.
Ma il tempo stringe. Il mese prossimo, il congresso della NFF – composto da squadre professionistiche, dilettantistiche e rappresentanti regionali – voterà per decidere il destino del VAR nel calcio norvegese.
Se il voto sarà a favore dell’abolizione, la federazione non potrà far altro che cedere. E a quel punto potrebbe scatenarsi un effetto domino in tutta Europa, con altri paesi pronti a ribellarsi contro un sistema che sta succhiando via l’anima del calcio.
Succederà davvero? Forse no. Ma lasciateci almeno sperare.
Hai mai sentito un allenatore umiliare pubblicamente un suo giocatore? Certo, succede spesso. Ma la stoccata di Ruben Amorim a Marcus Rashford è di un altro livello.
Se per caso vi siete persi la vicenda (improbabile), ecco cos’ha detto l’allenatore del Manchester United:
“Si vede che ci manca un po’ di velocità in panchina, ma piuttosto che schierare qualcuno che non dà il massimo ogni giorno, metterei in campo Jorge Vital.”
Per chi non lo sapesse, Jorge Vital è il preparatore dei portieri… di 63 anni.
Un colpo basso, un’umiliazione senza precedenti per Rashford, che un tempo era l’uomo copertina dello United e ora si trova a essere trattato come un peso morto.
Se entro domani sera Rashford sarà ancora un giocatore del Manchester United, mi mangerò il cappello.
Ma come ha fatto un talento del suo calibro a ridursi in questa situazione? Con uno stipendio da 300.000 sterline a settimana, il minimo che ci si aspetta è un impegno costante, indipendentemente da problemi con l’allenatore o desideri di cambiare aria.
A questo punto, il destino sembra già scritto: Rashford andrà via, probabilmente in prestito, con lo United costretto a pagargli parte dello stipendio pur di liberarsene.
Ma se domani sera dovesse essere ancora un giocatore del Manchester United… beh, vorrà dire che dovrò comprarmi un cappello. Giusto per poterlo mangiare.
La verità è che la situazione è diventata così tossica che restare a Manchester per altri cinque mesi potrebbe distruggere
definitivamente la sua carriera.
E forse, a questo punto, a Rashford potrebbe anche non dispiacere più di tanto.
La caduta di un arbitro è sempre un evento che fa rumore, ma la storia di David Coote è ancora più complessa di quanto si potesse immaginare.
Tutto è iniziato con una serie di video compromettenti: l’arbitro è stato immortalato mentre assume droghe, beve in maniera eccessiva e – come se non bastasse – insulta il Liverpool e Jurgen Klopp.
Un comportamento assolutamente inaccettabile per un direttore di gara, che infatti è stato cacciato dal mondo del calcio. Ma la scorsa settimana, Coote ha rivelato un altro aspetto della sua storia: è omosessuale e ha vissuto tutta la sua carriera con il terrore che questo segreto venisse scoperto.
Ovviamente, questo non giustifica il suo comportamento, ma forse aiuta a capire perché abbia agito in modo così autodistruttivo.
Come ha raccontato lui stesso, gli arbitri sono già vittime di insulti e minacce. Ma il timore di essere scoperto e di diventare bersaglio di un’ondata ancora più feroce di odio deve aver pesato enormemente sulla sua psiche.
Questo la dice lunga sulla cultura tossica che circonda il calcio.
Sia chiaro: farsi riprendere mentre si droga e insulta le squadre che arbitra resta un errore imperdonabile.
Ma ora che conosciamo l’intera storia – e in molti aspetti, tragica – forse possiamo concedergli un po’ di tregua.
L’ultimo giorno di mercato. Il giorno delle grandi sorprese. Dei colpi di scena. Dell’imprevedibile.
Oppure no.
Ogni anno ci aspettiamo di assistere a un trasferimento che ci lascia a bocca aperta: un giocatore che va in una squadra inaspettata, un acquisto che ribalta le gerarchie del campionato.
Ma la realtà è un’altra: succede di rado.
Le squadre che fanno mercato con intelligenza chiudono le operazioni con largo anticipo, senza aspettare l’ultimo minuto e senza farsi prendere dal panico.
Quello che accade, invece, è che nel giorno di chiusura del mercato vediamo club disperati spendere male gli ultimi soldi a disposizione, convinti di poter cambiare la stagione con un colpo dell’ultimo minuto.
Ci sono squadre che lottano per non retrocedere e sperperano cifre folli su giocatori che probabilmente non faranno la differenza. E poi ci sono i club in corsa per il titolo, che si fanno prendere dal panico e comprano calciatori che, a conti fatti, non sposteranno nulla.
Sarà una giornata movimentata per Manchester United e Chelsea, ne sono sicuro.
Foto: Juan Mabromata/AFP