Quasi 240.000 vite spezzate in un solo anno. L’inquinamento atmosferico continua a seminare morte nell’Unione Europea, con un bilancio che, nel 2022, ha visto il particolato fine PM2.5 come protagonista letale. Questo invisibile killer, capace di insinuarsi nei polmoni, ha causato “almeno 239.000 morti”
secondo un rapporto scioccante dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.
Il dato, seppur in calo del 5% rispetto al 2021, resta impressionante. I Paesi più colpiti? Italia, Polonia e Germania guidano una triste classifica dove ogni cifra racconta una tragedia. Ma un segnale positivo emerge: l’esposizione a lungo termine ai principali inquinanti sta mostrando segni di miglioramento, con una riduzione dei decessi per PM2.5 del 45% dal 2005. L’UE, dunque, sembra sulla strada giusta per centrare l’obiettivo del 2030: un calo del 55%.
Nonostante ciò, l’allarme è ancora altissimo. L’ozono, derivante dal traffico e dalle attività industriali, ha causato 70.000 decessi. Altri 48.000 sono stati attribuiti al diossido di azoto, un sottoprodotto delle emissioni di veicoli e centrali elettriche. “L’inquinamento atmosferico rimane la più grande minaccia ambientale per la salute degli europei”
, avverte l’agenzia.
Questi numeri, purtroppo, non possono essere semplicemente sommati per evitare sovrapposizioni, ma dipingono un quadro desolante che richiede interventi immediati. È chiaro: ogni passo avanti nelle politiche ambientali è un passo verso la vita, contro una minaccia che non conosce confini.
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