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Ritorno in Siria: oltre 50.000 rifugiati attraversano il confine in un mese

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In un’ondata di ritorni che ha sorpreso molti, oltre 50.000 rifugiati siriani hanno deciso di lasciare la Turchia per tornare nella loro terra natale nel solo mese trascorso dalla caduta del regime di Bashar al-Assad. La rivelazione arriva direttamente dal Ministro degli Interni turco, Ali Yerlikaya, che ha offerto un quadro drammatico della situazione al confine.

“In un solo mese, 52.622 siriani sono tornati a casa”  ha dichiarato Yerlikaya durante un incontro con la stampa al valico di frontiera di Cilvegozu, nella provincia meridionale di Hatay. Un numero impressionante, che rappresenta un balzo di oltre 20.000 persone rispetto all’ultimo aggiornamento del 27 dicembre, quando i rimpatri erano stati calcolati in 30.663.

Tra questi, 41.437 persone hanno attraversato il confine insieme alle proprie famiglie, mentre 11.185 hanno intrapreso il viaggio da sole. Un segnale chiaro del desiderio di ricostruire una nuova normalità, nonostante le enormi sfide.

La Turchia, che ospita quasi tre milioni di rifugiati siriani fuggiti dalla devastante guerra civile iniziata nel 2011, sta affrontando crescenti tensioni interne legate al fenomeno migratorio. Con l’aumento del sentimento anti-siriano tra la popolazione turca, il governo di Ankara sta accelerando i piani per facilitare il rimpatrio di quanti più rifugiati possibile.

Con i suoi 900 chilometri di confine condiviso con la Siria, la Turchia ha sei punti di attraversamento operativi. Di recente, uno di questi è stato riaperto per gestire l’afflusso di persone intenzionate a tornare.

Ma non è tutto: il Ministro Yerlikaya ha anche annunciato un’iniziativa senza precedenti, rivelando che la Turchia aprirà presto un ufficio di “gestione delle migrazioni” ad Aleppo, la seconda città più grande della Siria.

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Un dato emblematico è che circa 1,24 milioni di rifugiati siriani in Turchia – pari al 42% del totale – provengono dalla regione di Aleppo, confermando il legame profondo e indissolubile con questa zona devastata dal conflitto.

Foto: AFP

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