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Il tesoro nascosto delle Langhe minacciato dal clima

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Nel cuore delle Langhe piemontesi, tra le pieghe di un paesaggio fiabesco, si svolge una caccia che unisce tradizione e adrenalina: la ricerca del tartufo bianco di Alba. Accompagnati da cani dal fiuto infallibile, i cacciatori si immergono in boschi umidi e terreni fangosi, alla scoperta di un tesoro sempre più raro. Ma questo rito secolare è in pericolo: il cambiamento climatico sta minacciando l’esistenza del prezioso fungo.

“Vai, trovamelo! Dove si nasconde?”  grida Carlo Marenda, cacciatore di tartufi e fondatore dell’associazione “Save the Truffle”. Al suo fianco, Gigi e Buk, incroci tra Spinone Italiano e Lagotto Romagnolo, annusano febbrilmente il terreno. È qui, nelle radici di pioppi, querce e tigli, che il tartufo bianco sviluppa il suo inconfondibile aroma di fieno, aglio e miele, catturando l’attenzione di chef stellati e gourmet di tutto il mondo.

Marenda, 42 anni, ha imparato quest’arte a soli cinque anni, grazie a un amico di famiglia. Ma è stato un maestro d’eccezione, Giuseppe “Notu” Giamesio, a trasmettergli i segreti più preziosi. “Se vogliamo impedire la scomparsa del tartufo, dobbiamo proteggere le foreste, fermare l’inquinamento dei corsi d’acqua e piantare nuovi alberi” , gli aveva confidato poco prima di morire, lasciandogli in eredità i suoi amati cani.

Dieci anni dopo, l’associazione ha piantato oltre 700 alberi grazie al sostegno di donazioni e viticoltori locali. Ma i numeri parlano chiaro: negli ultimi tre decenni, le aree dedicate al tartufo sono diminuite del 30%, rimpiazzate da vigneti e noccioleti più redditizi.

Eppure, il pericolo più grande rimane il cambiamento climatico. “Il tartufo ha bisogno di freddo e umidità per crescere. Con queste temperature miti a novembre, la produzione crolla”, spiega Marenda. Non è solo il calore a minacciare il raccolto: “Troppa pioggia può far marcire il tartufo, mentre un’insufficienza idrica ne impedisce la crescita.”

Il futuro sembra cupo, ma c’è ancora speranza. “Il tartufo bianco non può essere coltivato, a differenza di quello nero. Senza alberi, non ci saranno più tartufi. Dobbiamo piantare alberi per ricostruire la biodiversità”, afferma Mario Aprile, presidente dell’associazione cacciatori di tartufi del Piemonte.

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Nel frattempo, i prezzi salgono alle stelle. Al Mercato Internazionale del Tartufo Bianco di Alba, i tartufi vengono venduti a cifre record: fino a 4.500 euro al chilo. E l’asta mondiale di beneficenza ha visto due tartufi gemelli, estratti dallo stesso ceppo, venduti per l’incredibile cifra di 140.000 euro a un magnate di Hong Kong. Un prezzo che riflette non solo la rarità, ma anche il fascino inalterato di questo “oro bianco”.

Foto: AFP

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