Il mondo guarda con il fiato sospeso: il futuro della lotta al cambiamento climatico potrebbe essere appeso a un filo. Con l’ombra di un possibile ritorno di Donald Trump alla presidenza, la comunità internazionale si interroga sul destino degli impegni degli Stati Uniti. Eppure, a Baku, durante il COP29, John Podesta, inviato speciale per il clima, offre una rassicurazione sorprendente: “La lotta contro il cambiamento climatico è più grande di un’elezione o di un ciclo politico. Negli Stati Uniti, città, stati e cittadini continueranno con passione e determinazione.”
Questa dichiarazione arriva in un momento di estrema incertezza. Trump, che ha già promesso di ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, getta un’ombra sulle discussioni globali. Tuttavia, Podesta insiste sul fatto che, anche senza il sostegno del governo federale, l’America non si arrenderà: “Il governo di Trump potrebbe mettere il cambiamento climatico in secondo piano, ma l’impegno non si fermerà.”
A Baku, il summit si è aperto con toni allarmanti e un appello all’azione globale. Simon Stiell, segretario climatico dell’ONU, non usa mezzi termini: “La cooperazione globale non è al tappeto. E smettiamola di pensare al finanziamento climatico come a un atto di carità.” Poi aggiunge: “Un nuovo obiettivo ambizioso sul finanziamento è nell’interesse di tutti, incluse le nazioni più ricche.”
Nonostante questi appelli, i negoziati si trovano subito impantanati. La questione del finanziamento per i paesi in via di sviluppo si dimostra un campo minato. L’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno è ormai considerato obsoleto. Mukhtar Babayev, presidente della COP29, ammette che “le necessità reali sono nell’ordine dei trilioni”, anche se un obiettivo realistico rimane “nelle centinaia di miliardi.”
Le nazioni in via di sviluppo, tuttavia, non ci stanno: senza fondi adeguati, non potranno aggiornare i loro obiettivi climatici, come richiesto entro l’inizio del prossimo anno. Tasneem Essop, direttrice esecutiva di Climate Action Network, è lapidaria: “Il Nord globale ha un debito climatico verso il Sud globale. Non lasceremo questa COP se l’ambizione sul finanziamento non sarà all’altezza.”
Intanto, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale lancia un nuovo allarme: “Il 2024 potrebbe essere l’anno più caldo mai registrato.” Il periodo 2015-2024 è già destinato a diventare il decennio più bollente della storia. Con una traiettoria di riscaldamento che punta verso un devastante +3,1°C entro la fine del secolo, l’urgenza di un’azione climatica più incisiva non è mai stata così evidente.
A complicare ulteriormente le cose, solo una manciata di leader del G20 è presente al summit, con il presidente statunitense Joe Biden assente. Tra le presenze insolite, l’Afghanistan fa il suo ritorno dopo la presa del potere da parte dei Talebani, ospite del paese organizzatore, ma senza diritto di voto.
Il messaggio è chiaro: il tempo per i compromessi è scaduto. Il mondo deve agire ora, o pagherà un prezzo altissimo.
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