Otto euro l’ora per prendersi cura dei nostri figli: è questa la qualità che vogliamo?
Se pretendiamo un’istruzione di alta qualità per i nostri figli durante l’orario scolastico, perché dovremmo accontentarci di un livello inferiore nei servizi doposcuola? È una domanda che dovrebbe far riflettere ogni genitore.
A sollevarla è Anna Borg, professoressa associata presso il Centre for Labour Studies dell’Università di Malta, dopo aver condotto uno studio per la National Commission for the Promotion of Equality (NCPE). La ricerca, svolta insieme al professor Liberato Camilleri, ha analizzato le percezioni e gli atteggiamenti dei maltesi riguardo all’equilibrio tra lavoro e vita privata, con un focus particolare sulla dimensione familiare. E un problema è emerso con forza: la qualità dei servizi doposcuola, in particolare quelli offerti dal programma Klabb 3-16.
Un doposcuola senza requisiti?
Borg ha messo in luce un divario inquietante: mentre gli insegnanti delle scuole devono possedere una laurea e un’abilitazione, per lavorare nei doposcuola basta un certificato di licenza media e appena 12 ore di formazione.
“I nostri bambini passano da un sistema scolastico che richiede una laurea per insegnare, a un doposcuola in cui basta aver terminato la scuola dell’obbligo. È accettabile?”
ha chiesto la professoressa.
Ma la vera domanda è un’altra: quanto vale l’educazione dei nostri figli? “Sappiamo davvero quale livello di qualità stiamo ottenendo? Possiamo davvero pretendere i migliori professionisti se li paghiamo otto euro l’ora?”
Borg ha sottolineato che i genitori pagano per questi servizi e che il livello di formazione e competenza degli educatori non è solo un tema su cui discutere, ma un aspetto in cui è necessario investire. “È un punto cruciale. Non possiamo continuare a ignorarlo.”
L’Europa fa scuola: il modello nordico
Nei paesi scandinavi il doposcuola è un vero e proprio pilastro educativo. In Finlandia, educatori qualificati e operatori giovanili si prendono cura dei bambini dai sei ai nove anni, concentrandosi su attività rilassanti, artistiche e sportive. In Svezia, professionisti dello sviluppo infantile gestiscono programmi per bambini dai sei ai dodici anni, combinando attività strutturate e momenti di gioco libero per favorire la crescita e il benessere.
“Non puoi pagare otto euro l’ora e aspettarti che un professionista insegni teatro, danza o sport”
, ha sottolineato Borg. Eppure, a Malta, questo sembra essere lo standard.
Ripensare il doposcuola: un servizio per i bambini, non solo per i genitori
La professoressa ha ribadito che il dibattito non dovrebbe concentrarsi solo sulle esigenze dei genitori che lavorano, ma soprattutto sui bisogni dei bambini. Cosa accadrebbe se questi servizi non esistessero? Non tutti i genitori possono andare a prendere i figli subito dopo la scuola e, in molti casi, i doposcuola rappresentano l’unico ambiente sicuro in cui i bambini possono trascorrere il pomeriggio.
Ma c’è un’altra questione di cui quasi nessuno parla: il cibo. Borg ha proposto di introdurre pasti nei servizi doposcuola, soprattutto per aiutare i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. “Molti bambini portano il pranzo da casa, ma cosa succede quando il cibo preparato al mattino diventa immangiabile nel caldo dell’estate? Per alcuni, quel pasto potrebbe essere l’unico veramente nutriente della giornata.”
Secondo la professoressa, il doposcuola dovrebbe essere un ambiente in cui i bambini possano non solo completare i compiti e svolgere attività, ma anche ricevere un pasto adeguato. “Se i bambini hanno accesso a un buon pasto, ad attività extracurriculari e possono fare i compiti in un ambiente sereno, allora sì che si può parlare di vero tempo di qualità in famiglia.”
Un tabù chiamato orario scolastico
Infine, Borg ha toccato un argomento che in molti evitano di affrontare: l’orario scolastico a Malta. L’idea di modificarlo è spesso criticata, ma la professoressa ha voluto chiarire la sua posizione.
“Penso di essere stata molto prudente nel parlarne. Quando ero studentessa, la scuola finiva alle 16:00”
, ha ricordato, respingendo le accuse di voler prolungare l’orario per spingere i genitori a lavorare di più.
Non si tratterebbe di più ore di lezione, ma di offrire ai bambini opportunità di crescita attraverso attività come sport, musica, teatro, arte, cucina ed educazione ambientale. “Questo non è un modo per tenere occupati i bambini mentre i genitori lavorano. È un investimento nel loro futuro.”
Il Ministero dell’Istruzione è stato contattato per un commento, ma al momento non ha ancora risposto.
Foto: Matthew Mirabelli