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La Cina alza la posta: nuovi dazi contro gli USA, la tensione cresce

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La battaglia commerciale tra Stati Uniti e Cina entra in una nuova fase esplosiva! Pechino ha deciso di rispondere colpo su colpo alle mosse di Donald Trump, annunciando dazi del 15% su carbone e gas naturale liquefatto provenienti dagli USA. Ma non è finita qui: la Cina ha imposto anche tariffe del 10% su petrolio greggio, macchinari agricoli e veicoli di grande cilindrata statunitensi. Un’escalation che rischia di incendiare ancora di più i mercati globali.

La decisione di Pechino arriva in risposta alla “unilaterale escalation tariffaria ” voluta da Washington nel fine settimana. Solo sabato scorso, Trump aveva colpito duramente i principali partner commerciali americani, tra cui Canada e Messico, infliggendo nuovi dazi del 10% ai prodotti cinesi già soggetti a tariffe punitive.

Ma il tycoon ha giustificato il pugno di ferro con una motivazione ben precisa: secondo lui, i nuovi dazi sono una punizione per quei paesi che “non fermano il flusso di migranti illegali e droghe, compreso il fentanyl, negli Stati Uniti“. Pechino non ha tardato a rispondere, accusando gli USA di “violazione grave delle regole del WTO“, oltre a “danneggiare la cooperazione economica tra Cina e Stati Uniti senza risolvere i propri problemi “.

E il tempismo non è casuale: l’annuncio cinese è arrivato proprio mentre Trump dichiarava di voler sentire telefonicamente il presidente Xi Jinping nelle successive 24 ore. Un tentativo di ricucire lo strappo o solo l’ennesima mossa in questa partita a scacchi globale?

Canada e Messico: accordi dell’ultimo minuto per evitare il peggio

Mentre la tensione tra Pechino e Washington raggiunge livelli altissimi, Canada e Messico hanno scelto la strada del compromesso. I due paesi hanno stretto accordi in extremis con Trump per rafforzare i controlli alle frontiere e arginare l’arrivo di migranti e fentanyl negli Stati Uniti. Il risultato? Una tregua di 30 giorni sui dazi minacciati.

La notizia ha subito infiammato le borse asiatiche, alimentando la speranza che negoziati simili possano evitare l’escalation tra USA e Cina. Ma la tregua è durata poco: quando Pechino ha annunciato le sue ritorsioni, i mercati hanno subito un nuovo contraccolpo.

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Lunedì, infatti, le borse mondiali sono sprofondate nel panico dopo che Trump aveva ventilato l’idea di applicare dazi del 25% su tutte le importazioni da Canada e Messico. Un terremoto economico evitato in extremis grazie alla promessa del Messico di schierare 10.000 soldati alla frontiera.

Ma se con il Messico Trump ha trovato un’intesa, con il Canada la situazione è ancora tesa. Dopo due telefonate con Justin Trudeau, il presidente americano ha scritto su Truth Social che il primo ministro canadese ha “accettato di garantire la sicurezza del confine nord e di fermare il flagello della droga come il fentanyl “.

Il governo di Ottawa ha accettato di schierare 10.000 agenti di frontiera, di dichiarare i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche e di nominare un “Fentanyl Czar”  per combattere la crisi degli oppioidi. Ma resta il sospetto che la realtà sia ben diversa: le autorità canadesi avevano già dichiarato a dicembre di avere 8.500 agenti attivi lungo il confine.

Proteste in Canada: boicottaggi e tensioni alle stelle

Il malcontento in Canada si è fatto sentire con forza. I cittadini hanno iniziato a boicottare prodotti americani, a cancellare viaggi negli Stati Uniti e persino a fischiare l’inno americano durante eventi sportivi. Ma il gesto più eclatante è arrivato dal governo dell’Ontario: la provincia ha vietato alle aziende statunitensi di partecipare agli appalti pubblici, tagliandole fuori da miliardi di dollari di contratti, e ha persino annullato un accordo con Starlink, la società di Elon Musk, noto alleato di Trump.

Ma la provocazione più incredibile è arrivata proprio dal presidente americano, che ha suggerito che il Canada potrebbe diventare il 51° stato degli USA! Un’uscita che ha scatenato il caos politico a Ottawa, al punto che Trudeau ha annunciato le sue dimissioni, aprendo la strada a elezioni anticipate già ad aprile.

Trump e la sua parola preferita: “dazio”

Con le elezioni americane all’orizzonte, Trump continua a giocare la carta del nazionalismo economico. Per lui, la parola “tariff” è “la più bella del dizionario “. Il presidente è convinto che l’impatto delle tariffe ricadrà solo sugli esportatori stranieri, senza conseguenze per i consumatori americani.

Ma la maggior parte degli esperti economici sostiene l’esatto contrario, avvertendo che i dazi finiranno per gravare proprio sugli acquirenti statunitensi.

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Perfino Trump, rientrando dalla Florida lo scorso weekend, ha ammesso che gli americani potrebbero subire qualche “dolore economico “. Ma fino a che punto? E soprattutto: chi pagherà davvero il prezzo più alto?

Foto: AFP

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