Una vera e propria rivolta sta scuotendo il mondo della sanità: un gruppo di medici consulenti ha deciso di portare il Ministero della Salute in tribunale, denunciando un trattamento ingiusto che li penalizzerebbe rispetto ai colleghi che lavorano esclusivamente per il settore pubblico. Una battaglia per l’equità che potrebbe avere conseguenze clamorose!
Al centro della controversia c’è un accordo collettivo firmato tre anni fa tra il governo e il sindacato dei medici MAM
. Questo accordo prevede che i consulenti che operano solo nel pubblico ricevano stipendi significativamente più alti rispetto a quelli che, oltre al servizio statale, svolgono anche attività privata dopo l’orario di lavoro. Ma non è tutto: anche la distribuzione delle ore di lavoro risulterebbe squilibrata, favorendo chi è impiegato esclusivamente dal settore pubblico.
Eppure, denunciano i medici, entrambi i gruppi devono svolgere le stesse mansioni, garantire gli stessi servizi e assumere le stesse responsabilità. Per loro, si tratta di una discriminazione vera e propria, in aperta violazione del principio di parità salariale per un lavoro di pari valore.
Nel loro ricorso, i consulenti chiedono al ministro di intervenire immediatamente per porre fine a questa ingiustizia e di garantire loro il giusto riconoscimento, sia in termini economici che contrattuali.
L’azione legale è stata formalmente presentata dagli avvocati Chris Cilia, Timothy A. Bartolo e dal procuratore legale Gerald Bonello.