Malta ha preso una decisione clamorosa, un passo che ha sconvolto la comunità internazionale. Il governo dell’isola ha sospeso l’esame delle richieste di asilo per i rifugiati siriani, seguendo l’esempio di altre nazioni europee come Germania, Grecia e Regno Unito. La tempistica non è casuale: questa scelta arriva proprio quando il regime di Bashar al-Assad, che ha governato la Siria con il pugno di ferro per oltre cinquant’anni, sta crollando sotto i colpi di una rapida offensiva dei ribelli. Ma quali sono le vere implicazioni di questa mossa per i rifugiati siriani? E cosa accadrà ora?
Il Ministero degli Affari Interni di Malta ha annunciato che l’Agenzia per la Protezione Internazionale, responsabile delle domande di asilo, ha “temporaneamente sospeso l’esame delle richieste di asilo in sospeso e delle nuove domande di protezione internazionale da parte dei cittadini siriani”. Una decisione che, come sottolineato dalla presidente dell’ONG Syrian Solidarity, arriva in un momento cruciale: da un lato, la popolazione siriana a Malta è cresciuta esponenzialmente, passando da poche centinaia nel 2011 a numeri ormai consistenti. Dall’altro, la guerra civile in Siria ha creato una situazione imprevedibile e instabile, con un aumento vertiginoso del numero di rifugiati.
Il Ministero ha motivato la sua decisione facendo riferimento agli “sviluppi significativi recenti in Siria”, in particolare alla caduta del regime di al-Assad, avvenuta grazie a un’offensiva fulminea dei ribelli. Ma le dichiarazioni del governo maltese non nascondono una realtà inquietante: “al momento non è possibile valutare correttamente i motivi per cui i richiedenti cercano protezione internazionale”. Una valutazione che sembra impossibile, vista l’instabilità che regna in Siria, dove gli sviluppi cambiano di giorno in giorno.
La scelta di Malta arriva a pochi giorni dalla storica cattura di Damasco da parte dei ribelli islamisti, che hanno fatto fuggire al-Assad a Mosca, con la Russia che ha dichiarato di avergli concesso asilo “per motivi di sicurezza”. In questo scenario, mentre in Siria si susseguono le celebrazioni per la caduta del regime, molti si chiedono: Cosa succederà dopo?
I ribelli, capeggiati dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), affiliato ad Al-Qaeda e designato come organizzazione terroristica dalle Nazioni Unite, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, sembrano essere il nuovo volto del conflitto. Il timore è che il caos segua alla caduta di al-Assad, senza una guida stabile a prendere il controllo.
In risposta a queste decisioni, Amnesty International ha chiesto a tutti i Paesi europei di fare marcia indietro. Secondo l’organizzazione, la situazione in Siria è “estremamente volatile” e le sospensioni rischiano di creare un’altra spirale di incertezze per i rifugiati. “In un momento di turbolenza e cambiamento, i Paesi dovrebbero evitare di gettare i rifugiati siriani e chi cerca asilo in situazioni di ulteriore incertezza e precarietà”
, ha dichiarato l’organizzazione. Un appello che mette in evidenza quanto le vite dei rifugiati siano appese a un filo, tra la speranza di una vita migliore e la paura di un futuro incerto.
Con una Siria che si sgretola e il destino dei rifugiati che sembra ogni giorno più incerto, la domanda che rimane è: come si evolverà questa crisi? E cosa accadrà ai milioni di siriani che cercano rifugio nel mondo?
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