L’economia aperta di Malta rischia grosso: senza un’offerta davvero competitiva, gli investimenti esteri potrebbero fuggire altrove. Chi ha già investito sull’isola sta riesaminando le proprie operazioni e, sempre più spesso, il verdetto è uno solo: il gioco non vale la candela. Nel frattempo, nuovi potenziali investitori mettono Malta a confronto con altre destinazioni, soppesando pro e contro con occhio critico. E le notizie non sono confortanti.
Secondo l’ultimo studio di EY, solo il 54% delle aziende intervistate ritiene Malta una destinazione attraente per gli investimenti esteri diretti. Un dato che segna un calo di ben cinque punti percentuali rispetto all’anno scorso. È come se la reputazione di Malta come destinazione stabile e affidabile si stesse sgretolando, nonostante i toni ottimistici del primo ministro e di altri membri del governo. Lo studio rivela che uno dei motivi di questo calo di fiducia sta nella percezione di una certa opacità nell’ambiente politico, legale e regolamentare
maltese, percepito come instabile e carente di trasparenza.
Il governo, infatti, ha scelto di tenere in pugno istituzioni cruciali, piazzando fedelissimi del partito ai vertici. Questo atteggiamento rappresenta un vero freno per le riforme di governance, fondamentali per garantire una democrazia dove checks and balances
siano una realtà, non solo teoria. Il sistema di governo “_winner-takes-all_” continua a minare la reputazione dell’isola, allontanando chi cerca stabilità e trasparenza.
Ma non è tutto. Gli investitori lamentano anche un sistema di trasporti e logistica che sembra ormai al collasso. Le strade congestionate sono una trappola quotidiana, che rallenta il business e fa salire i costi operativi. E il problema si estende al settore educativo: il sistema scolastico non riesce a formare una forza lavoro qualificata all’altezza delle sfide odierne, creando difficoltà agli investitori nel trovare personale preparato. Anche se si promuove l’idea che Malta offra un capitale umano qualificato a costi moderati
, questa promessa resta sulla carta. Le autorità educative sembrano restie a fare quelle riforme necessarie per preparare i giovani maltesi a un mercato del lavoro sempre più complesso.
La questione fiscale, poi, è una spina nel fianco da anni. Il 50% delle aziende intervistate da EY vede due grandi minacce all’orizzonte: la carenza di competenze specialistiche e l’introduzione, imposta dall’OCSE, di un’aliquota minima per le società pari al 15%. L’impatto economico di questo cambiamento deve essere stato calcolato, anche se il governo non ha ancora reso noti i risultati. Ma c’è una certezza: l’aumento della tassazione potrebbe spingere alcuni investitori, attratti inizialmente dalla politica fiscale favorevole, a trasferirsi altrove, dove il pacchetto di incentivi è più allettante.
È tempo che il ministro delle Finanze si esprima in modo chiaro e pubblico su come l’innalzamento dell’imposta societaria impatterà sulla capacità di Malta di attrarre capitali stranieri.
Durante la conferenza di EY, il primo ministro Robert Abela ha dichiarato che Malta dovrebbe spostare il proprio obiettivo: non più battere l’Europa nella crescita economica, ma eccellere nella transizione digitale e verde. Ma è evidente che l’entusiasmo politico non basta a nascondere una realtà che parla chiaro: Malta, così com’è, sta perdendo il suo appeal per gli investitori.
Foto: Jonathan Borg