Dopo 15 lunghissimi mesi di prigionia, l’incubo di alcuni ostaggi israeliani sta finalmente per finire. Sabato, una speranza di salvezza illumina la tragedia: tre israeliani, tra cui il padre del più piccolo ostaggio mai preso a Gaza, Yarden Bibas, saranno liberati in cambio di 90 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Un’operazione che segna una svolta nella guerra, ma che lascia dietro di sé lacrime e ombre.
Dal 19 gennaio, la tregua tra Israele e Gaza ha dato il via a un primo scambio di prigionieri. Dopo mesi di terrore, Hamas e i gruppi islamisti hanno iniziato a rilasciare gli ostaggi, segno che, nonostante la violenza, la diplomazia fa qualche passo in avanti. Fino ad ora, il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha assistito alla liberazione di 15 ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi, tra cui molte donne e minori. Ma dietro ogni liberazione c’è un dolore che non si spegne.
I tre ostaggi israeliani che rivedranno finalmente la libertà sono Yarden Bibas, Keith Siegel – cittadino anche degli Stati Uniti – e Ofer Kalderon, che possiede anche la nazionalità francese. L’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia, portando una scintilla di speranza a migliaia di famiglie israeliane. Ma questa speranza ha il sapore agrodolce della tragedia.
La storia di Yarden Bibas è straziante. Il suo figlio più giovane, Kfir, ha appena compiuto due anni, ma è diventato simbolo del dolore e della sofferenza dei bambini presi in ostaggio a Gaza. Anche Ariel, il fratello maggiore di cinque anni, e la madre Shiri sono stati rapiti e, secondo Hamas, uccisi in un attacco aereo israeliano nel novembre del 2023. Ma le autorità israeliane non hanno mai confermato la loro morte, lasciando la famiglia Bibas nell’incertezza. “Il nostro Yarden dovrebbe tornare domani e siamo così emozionati, ma Shiri e i bambini non sono ancora tornati,”
ha scritto la famiglia su Instagram, esprimendo la confusione e la sofferenza di questi giorni carichi di emozioni contrastanti.
Il 7 ottobre 2023, durante l’attacco che ha dato inizio alla guerra, Hamas ha rapito 251 israeliani, tra cui Yarden Bibas, Ofer Kalderon e Keith Siegel. Oggi, 79 ostaggi sono ancora nelle mani dei miliziani, e sebbene l’esercito israeliano abbia confermato la morte di almeno 34 di loro, le famiglie non hanno ancora ricevuto certezze definitive. Ogni giorno che passa, il dolore di questi familiari diventa sempre più insopportabile.
Ma le liberazioni non sono state facili. Soprattutto al valico di Rafah, che collega Gaza con l’Egitto, le operazioni sono state caotiche. L’ultimo scambio a Khan Yunis, nel sud di Gaza, ha visto momenti di tensione e frustrazione. La prigioniera Arbel Yehud è apparsa visibilmente scossa mentre uomini mascherati cercavano di aprirle la strada tra una folla di spettatori impazienti di assistere alla liberazione. Le scene, per la loro intensità e confusione, sono state definite dal Primo Ministro israeliano “scioccanti”.
E mentre le trattative proseguono, Rafah si prepara a riaprire sabato, segno che la diplomazia sta facendo il suo corso, anche se tra mille difficoltà. Il passaggio sarà fondamentale non solo per il rilascio di ostaggi, ma anche per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari in una Gaza devastata dalla guerra. “I mediatori hanno informato Hamas dell’approvazione di Israele per l’apertura del valico di Rafah sabato, dopo il completamento della quarta fase dello scambio di prigionieri,”
ha dichiarato un ufficiale di Hamas, mentre una fonte confidenziale ha aggiunto che gli evacuati feriti saranno trasferiti tramite il valico, come previsto dall’accordo di cessate il fuoco.
Nel frattempo, giovedì, le autorità israeliane hanno ritardato il rilascio di alcuni prigionieri, esprimendo preoccupazioni per la sicurezza delle operazioni. Il CICR, che supervisiona gli scambi, ha fatto appello a tutte le parti affinché si garantisca maggiore sicurezza. “La sicurezza di queste operazioni deve essere assicurata, e chiediamo miglioramenti per il futuro,”
ha dichiarato Mirjana Spoljaric, presidente del CICR.
Mentre i prigionieri israeliani e palestinesi vengono liberati, una storia che ha toccato profondamente le persone è quella di Hussein Nasser, che dopo 22 anni di prigionia ha finalmente potuto riabbracciare sua figlia Raghda. La giovane, visibilmente emozionata, ha detto, tra le lacrime, “Dove è papà?”
prima di correre tra la folla per stringerlo tra le braccia. La sua gioia, come quella di tanti altri, è segno che in mezzo alla guerra c’è ancora posto per l’amore e la speranza.
La tregua, per quanto fragile, resta sospesa in attesa di un futuro che potrebbe rivelarsi decisivo. Il secondo scambio di prigionieri è previsto per lunedì, e con esso potrebbero aprirsi nuovi scenari per una soluzione più duratura al conflitto. Fino ad allora, i 33 ostaggi ancora prigionieri sono una promessa di vita che unisce le famiglie e il mondo intero nella speranza di un cambiamento.
Foto: AFP