Dieci anni di silenzio. Dieci anni di teorie, speculazioni, speranze e misteri irrisolti. Il volo MH370 della Malaysia Airlines, con 239 persone a bordo, è svanito nel nulla l’8 marzo 2014 mentre era in viaggio da Kuala Lumpur a Pechino. Nessuna traccia, nessun segnale, solo un buco nero che ha lasciato le famiglie delle vittime con domande senza risposta. Ora, però, qualcosa si muove. Dopo un decennio di incertezze, la società di esplorazione marittima Ocean Infinity ha ripreso la caccia al relitto, accendendo una nuova luce su uno dei più grandi enigmi dell’aviazione moderna.
Il ministro dei trasporti malese, Anthony Loke, ha annunciato martedì che Ocean Infinity è tornata in azione, anche se i dettagli contrattuali tra la compagnia e il governo sono ancora in fase di definizione. Nonostante ciò, il ministro ha elogiato “l’iniziativa di Ocean Infinity di schierare le proprie navi per avviare la ricerca”
, sottolineando quanto sia fondamentale questa nuova missione per tentare di chiudere un capitolo doloroso.
Quanto durerà la ricerca? Quali tecnologie saranno impiegate? Per ora, non ci sono risposte. Loke non ha fornito dettagli nemmeno sul momento esatto in cui la società britannica ha dato il via alle operazioni. Ciò che è certo, però, è che il governo malese aveva già annunciato lo scorso dicembre la volontà di riaprire ufficialmente le indagini, nel tentativo di fare luce sulla misteriosa scomparsa del Boeing 777.
Malgrado la più imponente operazione di ricerca nella storia dell’aviazione, il destino del MH370 rimane un enigma senza soluzione. Nessun rottame, nessun segnale definitivo. Solo ipotesi. Ora, però, la fiducia in un possibile ritrovamento sembra rinascere. “Ocean Infinity ci ha convinto di essere pronti”, ha dichiarato Loke. “Ecco perché il governo malese ha deciso di procedere con questa operazione”.
Riuscirà la tecnologia avanzata di oggi a svelare finalmente ciò che per anni è rimasto nascosto nelle profondità dell’oceano? Il mondo intero trattiene il fiato.