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islanda in bilico: il futuro di un paese appeso a una lingua

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L’Islanda, una terra di ghiaccio e fuoco, sta affrontando un’ondata di cambiamenti culturali senza precedenti: in poco più di vent’anni, il numero di immigrati è passato dal 3% al 20% della popolazione. Tuttavia, un ostacolo quasi insormontabile sembra mettere a rischio la coesione sociale di questo Paese unico: la lingua islandese. Imparare questa lingua complessa è una sfida che molti non riescono a superare, e le conseguenze si fanno sentire ovunque, dalle aziende alle istituzioni.

In Parlamento, sei addetti alle pulizie si sono presi una pausa dai loro compiti per dedicarsi a qualcosa di cruciale: apprendere l’islandese. Tra loro c’è Kanyamon Juisikaew, arrivata dalla Thailandia sei anni fa. Sposata con un islandese, oggi lavora come addetta alle pulizie proprio nel cuore delle istituzioni. “Vorrei comunicare con gli islandesi quando parlano, e anche con la mia famiglia, perché siamo una famiglia islandese”  racconta, con una nota di delusione per non riuscire a seguire le riunioni di lavoro.

Accanto a lei, Carolina Rivas sogna che queste lezioni possano aprirle nuove opportunità professionali. “È davvero positivo poter usare il tempo di lavoro per imparare, perché questa lingua richiede moltissimo tempo per essere appresa”  confessa, evidenziando quanto sia difficile trovare momenti liberi fuori dal lavoro per lo studio.

Ma il problema non si limita alle singole storie personali. Secondo l’OCSE, l’immigrazione in Islanda non è stata accompagnata da politiche pubbliche abbastanza inclusive. “L’Islanda deve decidere dove vuole arrivare in futuro. Non può permettersi che il 20% della popolazione non parli la lingua locale. Questo sta diventando un vero problema di coesione sociale”  avverte Thomas Liebig, esperto di migrazione internazionale. Nonostante gli immigrati abbiano il tasso di occupazione più alto tra i Paesi OCSE, molti di loro ricoprono ruoli al di sotto delle loro qualifiche a causa della barriera linguistica.

La situazione è particolarmente evidente nelle scuole di lingua come l’istituto Mimir a Reykjavik, dove ogni anno il numero di studenti aumenta del 20%. “Abbiamo dovuto interrompere le lezioni a settembre perché i fondi erano terminati”  spiega Joanna Dominiczak, responsabile dei programmi linguistici, denunciando una cronica mancanza di risorse pubbliche per la formazione linguistica.

Anche nel settore privato, il tema della lingua è centrale. La catena di supermercati Kronan, dove il 25% del personale è costituito da immigrati, ha sviluppato un portale multilingue per facilitare la comunicazione. “La comunicazione è il problema principale” afferma Asta Baerings, responsabile delle risorse umane. “L’anno prossimo offriremo il supporto in oltre 30 lingue per aiutare i nostri dipendenti.” Anthony John Saunders, un assistente manager inglese, conferma che l’uso diffuso dell’inglese in Islanda rende l’integrazione più facile, ma ammette di sperare di migliorare il suo islandese grazie a una nuova app personalizzata fornita dall’azienda.

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Ciononostante, la disponibilità degli islandesi a passare all’inglese può rappresentare un ostacolo per chi cerca di imparare la loro lingua. “Alcuni di noi hanno una sorta di complesso di inferiorità e dubitano che qualcuno voglia davvero imparare la nostra lingua” riflette Yrsa Tholl Gylfadottir, scrittrice e insegnante di islandese. “Spesso gli islandesi passano all’inglese appena sentono un accento.”

Questa tensione tra il desiderio di inclusione e le difficoltà linguistiche rappresenta una sfida cruciale per l’Islanda, un Paese che cerca di preservare la sua identità culturale mentre abbraccia la diversità. Il futuro della coesione sociale in questo angolo remoto del mondo dipenderà dalla capacità di superare questa complessa barriera linguistica.

Foto: Shutterstock

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