Un sospetto trafficante di droga è stato scagionato venerdì a causa della mancata richiesta da parte dell’accusa alla corte di nominare un esperto scientifico per analizzare la sostanza sospetta sequestrata al sospettato.
In mancanza di questa “prova cruciale”, la Corte dei magistrati “non ha mai potuto essere moralmente convinta” che le sostanze verdi e bianche trovate in possesso di Matthew Robert Gibson fossero effettivamente droghe proibite.
Il caso risale al maggio 2022, quando due agenti di polizia che pattugliavano la zona di Spinola Gardens a St Julian’s hanno notato quattro persone il cui comportamento appariva alquanto sospetto.
Mentre i poliziotti guardavano, uno degli uomini ha preso la sua borsa, l’ha aperta e ne ha estratto un sacchetto nero.
L’uomo – poi identificato come l’accusato – ha consegnato “qualcosa” a un membro del gruppo che, a sua volta, ha restituito una banconota da 20 euro.
Gli agenti si sono avvicinati agli uomini.
Il marsupio in possesso del presunto trafficante conteneva piccoli sacchetti pieni di una sostanza verde.
La perquisizione della borsa dell’uomo ha permesso di trovare un contenitore in acciaio riempito con una sostanza bianca e diverse piccole bustine di plastica vuote.
Quando è stato interrogato, Gibson ha optato principalmente per il silenzio.
In seguito si è dichiarato non colpevole quando è stato accusato di possedere cannabis in circostanze che denotavano che la droga non era destinata esclusivamente all’uso personale, di averla venduta e di averlo fatto a meno di 100 metri da un luogo in cui i giovani si incontravano abitualmente.
Tuttavia, nel corso del procedimento, l’accusa non ha chiesto al tribunale di nominare un esperto per analizzare le sostanze sequestrate e determinarne la natura.
Questa omissione si è rivelata fatale.
Nel pronunciare la sentenza, la corte, presieduta dal magistrato Elaine Rizzo, ha osservato che senza questa “prova cruciale, questa corte non potrà mai essere moralmente convinta” che le sostanze trovate in possesso dell’imputato fossero effettivamente “proibite” in termini di legge.
La corte non ha quindi potuto fare altro che pronunciare un’assoluzione.
Tuttavia, ha riservato un’ultima parola all’accusa, invitandola “a mostrare maggiore attenzione nel perseguire casi del genere, in modo da garantire che prove cruciali e fondamentali come quelle mancanti in questo caso non vengano omesse”.
Gli avvocati Franco Debono e Francesca Zarb erano i difensori.