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Malta

migrazione e lavoro a Malta: svolta reale o promessa a metà?

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Una svolta per i lavoratori migranti a Malta o solo una promessa vuota? La nuova politica sulla migrazione della forza lavoro, ora in consultazione pubblica, punta a ridurre gli abusi e migliorare le condizioni dei lavoratori extra-UE. Ma è davvero sufficiente? Il Centre for Labour Studies (CLS) lancia l’allarme: senza il diritto al ricongiungimento familiare, i migranti continueranno a essere costretti a vivere in condizioni precarie, senza un reale incentivo a integrarsi nella società maltese.

Secondo il CLS, la proposta del governo si concentra esclusivamente sui lavoratori extra-UE con legami familiari con cittadini maltesi, lasciando fuori tutti gli altri. Questo approccio, secondo l’istituto, è miope e potrebbe alimentare l’alta rotazione dei lavoratori migranti, che spesso vedono Malta solo come un trampolino temporaneo. “Considerando il basso tasso di natalità del Paese, un’integrazione efficace di una parte dei migranti sta diventando sempre più essenziale” , ha dichiarato il CLS, sottolineando come il Paese abbia bisogno di soluzioni concrete per mantenere e valorizzare questa forza lavoro.

Tra le novità più significative della nuova politica c’è l’estensione del periodo di grazia per i lavoratori extra-UE che perdono il lavoro: dagli attuali 10 giorni a 60 giorni. Un passo avanti, ma ancora insufficiente, secondo il CLS, che suggerisce di adottare lo standard europeo di almeno tre mesi. “Dare ai lavoratori migranti il tempo di trovare una nuova occupazione significa garantire stabilità al mercato del lavoro e prevenire situazioni di sfruttamento” , ha osservato il centro studi.

Ma c’è un’altra zona d’ombra: il settore delle costruzioni. Qui lavorano moltissimi migranti, spesso in condizioni di sicurezza discutibili. La nuova politica esclude le micro-imprese dalle nuove regole, una mossa che il CLS ritiene estremamente rischiosa. “Gran parte dell’attività edilizia a Malta è gestita da piccoli appaltatori. Questa esenzione potrebbe mettere ulteriormente a rischio la sicurezza dei lavoratori” , ha avvertito l’istituto.

E poi c’è la grande incognita: cosa succederà ai lavoratori migranti se il loro permesso di lavoro non verrà rinnovato? La politica prevede sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le regole, ma non chiarisce quale tipo di sostegno verrà garantito ai lavoratori. Il CLS suggerisce che Jobsplus, l’agenzia nazionale per l’impiego, dovrebbe intervenire per aiutarli a trovare un nuovo impiego, evitando che finiscano in situazioni di vulnerabilità estrema.

Infine, un altro punto debole: la voce dei lavoratori migranti sembra assente in questa riforma. Secondo il CLS, la politica non tiene conto direttamente delle esigenze e delle esperienze di chi vive sulla propria pelle queste difficoltà, e non è sempre chiaro quale autorità sarà responsabile dell’attuazione delle misure proposte.

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Sarà davvero una riforma capace di garantire maggiore equità o resterà solo un annuncio destinato a fare poca differenza?

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