Malta potrebbe trasformarsi in un vero e proprio inferno di caldo nei prossimi decenni, con un aumento drammatico delle morti legate alle alte temperature. È questo il cupo scenario dipinto da uno studio pubblicato nella prestigiosa rivista Nature
, che mette Malta in cima alla lista dei Paesi europei più colpiti dal cambiamento climatico. Se non si agisce subito, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche.
I numeri parlano da soli e fanno tremare: con un aumento delle temperature di 4°C entro il 2095, Malta potrebbe registrare fino a 269 decessi per ogni 100.000 abitanti. Per capire l’impatto, basta pensare che si tratta di quasi tre volte il tasso registrato all’inizio del secolo e più del doppio della media dell’Europa meridionale. “Malta è il Paese più colpito”
, avverte il rapporto, sottolineando che i tassi di mortalità per caldo dell’isola sono nettamente superiori rispetto al resto del continente, indipendentemente dallo scenario di riscaldamento considerato.
Questa situazione disperata non risparmia nemmeno altri Paesi del Mediterraneo, come la Spagna orientale, il sud della Francia e l’Italia, anche se nessuno raggiunge i livelli di rischio di Malta. Al di fuori del Mediterraneo, lo studio ha individuato “punti caldi” anche in Romania, Bulgaria, Austria, Germania meridionale e Polonia meridionale.
Il rapporto lancia un monito chiaro: “A meno che non vengano adottate misure forti di mitigazione e adattamento, la maggior parte delle città europee vedrà un drammatico aumento della mortalità legata alle temperature”
. Oggi, le morti legate al freddo superano di gran lunga quelle dovute al caldo in Europa, ma con il riscaldamento globale questa tendenza rischia di capovolgersi. Sebbene alcuni studi abbiano ipotizzato che una riduzione dei decessi per freddo potrebbe compensare quelli legati al caldo, i ricercatori avvertono che non è affatto certo.
Questa tragica previsione si allinea ai risultati di un altro studio pubblicato su The Lancet
, che stima che Malta potrebbe perdere oltre 1.000 vite ogni anno con un aumento delle temperature di 4°C, raggiungendo così il più alto tasso pro capite del continente.
La speranza, però, non è del tutto perduta. Secondo l’ONU, un drastico taglio delle emissioni di gas serra – del 42% entro il 2030 e del 57% entro il 2035 – potrebbe limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Tuttavia, mancare questi obiettivi significherebbe mettere il pianeta su una traiettoria di riscaldamento di 3,1°C, con conseguenze devastanti. “Gli impatti debilitanti saranno inevitabili”, avverte l’ONU.
Ma mentre il mondo dovrebbe unire gli sforzi per evitare il disastro, le azioni degli Stati Uniti – uno dei maggiori inquinatori al mondo – minacciano di compromettere ogni progresso. Dal suo recente ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha deciso di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima, dichiarare un’“emergenza energetica” per accelerare l’uso di combustibili fossili e incoraggiare le compagnie petrolifere e del gas a “drill baby drill”
. Una scelta che rende ancora più incerto il futuro del nostro pianeta.
Foto: Matthew Mirabelli.