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Malta

Dalla panchina: Si tratta di incitamento all’odio o di libertà di espressione?

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Mentre in molte giurisdizioni il discorso d’odio è considerato un reato nei confronti di un individuo o di un gruppo di persone, ci sono casi in cui una particolare espressione potrebbe essere protetta dal diritto alla libertà di parola, che è un diritto umano riconosciuto.

L’articolo82A del Codice penale , capitolo 9 delle leggi di Malta, disciplina il reato di incitamento all’odio, noto anche come hate speech, e definisce la violenza o l’odio.

Esso prevede che: “chiunque usi parole o comportamenti minacciosi, offensivi o ingiuriosi, o mostri materiale scritto o stampato minaccioso, offensivo o ingiurioso, o si comporti in altro modo, con l’intento di fomentare la violenza o l’odio contro un’altra persona o un gruppo di persone per motivi di genere, identità di genere, orientamento sessuale, razza, colore, lingua, origine etnica, età, disabilità, religione o credo o opinione politica o di altro tipo, o per cui tale violenza o odio è suscettibile, tenuto conto di tutte le circostanze, di essere fomentato……. sarà, in caso di condanna, punito con la reclusione da sei a 18 mesi

La sanzione dei discorsi d’odio è stata oggetto di numerosi dibattiti tra esperti legali e la questione è stata più volte sottoposta alla Corte europea dei diritti dell’uomo (ECtHR).

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha utilizzato due approcci. Il primo approccio è stato quello dell’esclusione dalla protezione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come previsto dall’articolo 17 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) , in base al quale un commento può risultare un discorso di odio e incitamento all’odio.

Il secondo approccio della Corte europea dei diritti dell’uomo è stato quello disciplinato dall’articolo 10, paragrafo 2, della Convenzione, secondo il quale la libertà di parola “si applica non solo alle “informazioni” o alle “idee” che sono accolte favorevolmente o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche a quelle che offendono, scioccano o disturbano lo Stato o qualsiasi settore della popolazione”.

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Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in una sentenza pronunciata il 7 dicembre 1976, nella causa Handyside contro il Regno Unito, facendo riferimento all’articolo 10, paragrafo 2, della Convenzione, ha aggiunto che “tali sono le esigenze del pluralismo, della tolleranza e dell’ampiezza di vedute senza le quali non esiste una “società democratica”. Ciò significa, tra l’altro, che ogni “formalità”, “condizione”, “restrizione” o “sanzione” imposta in questo ambito deve essere proporzionata allo scopo legittimo perseguito”.

A questa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha fatto riferimento anche la Corte d’appello penale maltese, presieduta dal giudice Edwina Grima, il 28 luglio 2023, nel caso Polizia contro Michael Leonard Paul Hammond.

Hammond era stato accusato in tribunale di aver violato l’articolo 82A del Codice penale, a seguito di un commento fatto su Facebook, su un post condiviso da un gruppo di persone noto come LGBTI GOZO. L’appellante era stato riconosciuto colpevole dal primo tribunale e condannato a sei mesi di reclusione sospesi per tre anni.

Hammond ha presentato appello contro la sentenza, sostenendo principalmente che l’accusa non è riuscita a dimostrare la propria tesi al di là di ogni ragionevole dubbio e che non era mai stato giudicato colpevole dal primo tribunale.

La Corte d’appello penale, nel pronunciare la sentenza, ha ritenuto che il commento fatto dall’appellante fosse offensivo e ingiurioso nei confronti della comunità LGBTI e che, al momento della stesura del post in questione, doveva essere evidente per l’appellante che tale commento avrebbe portato a tali sentimenti, come disciplinato dall’articolo 82A del Codice penale.

Nella sua sentenza, la Corte d’appello ha fatto riferimento a un’altra sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Erbakan contro Turchia, in cui quest’ultima ha affermato che “la tolleranza e il rispetto per la pari dignità di tutti gli esseri umani costituiscono i fondamenti di una società democratica e pluralista. Ciò premesso, in linea di principio, in alcune società democratiche può essere considerato necessario sanzionare o addirittura impedire tutte le forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio basato sull’intolleranza […] , a condizione che qualsiasi […] “restrizione” […] imposta sia proporzionata all’obiettivo legittimo perseguito”.

La corte d’appello ha citato un’altra sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Vejdeland e altri contro la Svezia e ha affermato che “l’incitamento all’odio non implica necessariamente un appello ad atti di violenza o ad altri atti criminali. Gli attacchi alle persone commessi insultando, mettendo in ridicolo o calunniando gruppi specifici della popolazione possono essere sufficienti alle autorità per favorire la lotta al discorso razzista di fronte alla libertà di espressione esercitata in modo irresponsabile”.

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A questo proposito, la Corte ha sottolineato che la discriminazione basata sull’orientamento sessuale è grave quanto quella basata su “razza, origine o colore”.

In conclusione, la Corte d’appello penale, dopo aver esaminato tutte le circostanze del caso, ha deciso che il commento postato dal ricorrente violava effettivamente l’articolo 82A del Capitolo 9 delle Leggi di Malta e ha confermato la sentenza pronunciata dal primo tribunale.

Il dott. Frank Anthony Tabone è socio dello studio legale Azzopardi Borg and Associates.