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Economia

2023 anno di transizione, fiducia elevata delle famiglie ma consumi deboli

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ROMA (ITALPRESS) – Fiducia solida e ai massimi storici ma intenzioni di acquisto deboli: il 2023 è l’anno della transizione . E’ quanto emerge dal rapporto annuale Confcommercio-Censis su fiducia e consumi delle famiglie.


“Nonostante la fiducia sia ai massimi, le intenzioni di acquisto non solo sono inferiori rispetto al 2022, ma addirittura inferiori al 2019” ha spiegato Mariano Bella, direttore ufficio studi Confcommercio “le famiglie sentono che le cose potevano essere peggio e tirano un sospiro di sollievo, l’occupazione in qualche modo è ai massimi, i sostegni pubblici hanno funzionato, i consumi, grazie a turismo, spettacoli e cultura, attirano e danno soddisfazione, però l’inflazione non è domata e gli aiuti pubblici si riducono (come per esempio abbiamo visto con l’inflazione di aprile dovuta in larga parte alla rimozione di alcuni sconti in bolletta), a questo punto, visto che il potere d’acquisto di redditi e risparmi si riduce, le famiglie percepiscono la necessità, se le cose non dovessero migliorare rapidamente, di ricostituire un adeguato stock di risparmio per fare fronte al contesto ancora caratterizzato dall’incertezza; maggiore risparmio vuole dire minori prospettive e intenzioni di spesa, come si legge nelle percentuali dichiarate”.

Confcommercio spiega che “una frazione della riduzione delle intenzioni di acquisto è data dal fatto che sia per le ristrutturazione, sia per i durevoli per la casa sia per le automobili, molte spese rilevanti sono state fatte da poco e quindi è logico non prevederne altro”.

Il circuito spese-intenzioni-spese agisce come un effetto rimbalzo, ma ciò non toglie che potenzialmente sia negativo per le prospettive dei consumi nei prossimi mesi e, quindi, potrebbe implicare un rallentamento della ripresa. Per interpretare al meglio il sentiment e le attese delle famiglie occorre ricordare che nel 2022, a prezzi costanti, non è stato recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo. Siamo addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, cioè quasi trent’anni fa. I trent’anni di bassa crescita si sentono nelle nostre tasche e nei temi di disagio sociale e crescita della povertà assoluta. Grazie alla crescita della propensione al consumo, nel lungo periodo la spesa reale è andata un po’ meglio del reddito: abbiamo recuperato quasi i livelli del 2019 ma siamo sotto i massimi del 2007 ancora di 800 euro a testa. Per leggere e capire il post-pandemia bisogna ricordare gli ingenti aiuti pubblici.

Confcommercio ricorda che nel 2020 i consumi sono calati molto più del reddito disponibile reale, e questo ha generato risparmio in eccesso, diciamo non desiderato; e poi a fronte di redditi solo moderatamente crescenti nel biennio 2021-2022 c’è stato il quasi recupero dei consumi: si capisce, quindi che è stato sostento da quel risparmio a sua volta generato dai trasferimenti e dai sostegni pubblici che hanno funzionato. Analoghe indicazioni si desumono sulla propensione alle vacanze estive: dopo la pandemia c’è stato un ritorno importante; ora si è ancora su propensioni elevate ma in leggera riduzione rispetto al 2022: dai durevoli ai servizi, l’ipotesi di rallentamento sia verosimile, fenomeno che implicherebbe il rallentamento complessivo del 2023, sebbene sia esclusa la recessione.


Dal rapporto emerge che sia i giovani sia i meno giovani indicano proprio nelle giovani generazioni i soggetti maggiormente fragili, dal punto di vista socio-economico ed occupazionale; l’altro aspetto riguarda i motivi del declino demografico: colpisce il fatto che tutti, e soprattutto i giovani, siano preoccupati dalla dimensione economica del fare famiglia e fare figli. Pertanto, al di là delle complesse ragioni socio-demografiche (per esempio si fanno oggi meno figli perché abbiamo meno donne nella classe feconda), è la questione del reddito disponibile reale collegata alla sicurezza del posto di lavoro, più che i termini di contesto, a determinare un atteggiamento di scarsa propensione a fare figli.

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“Il risparmio sta esaurendo il sostegno ai consumi e l’incertezza per l’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse comprimono le intenzioni di acquisto. Si rischia di rallentare la ripresa, nonostante la fiducia delle famiglie sia alta. E’ fondamentale accelerare le riforme, in particolare quella fiscale, e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr”, le parole del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli .