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Il grande strappo: perché i giovani d’Europa si stanno ribellando

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Qualcosa sta cambiando nelle nuove generazioni d’Europa. Per anni, i giovani sono stati il motore dei movimenti progressisti, sostenendo con convinzione battaglie per il clima, la giustizia sociale e la riforma democratica. Oggi, però, questa narrazione si sta sgretolando. Sempre più ragazzi si stanno allontanando dai partiti tradizionali per abbracciare idee considerate fino a poco tempo fa impensabili: euroscetticismo, posizioni anti-immigrazione, sfiducia totale nell’establishment. È davvero possibile che un’intera generazione stia diventando più conservatrice, o c’è qualcosa di molto più profondo che la politica non sta capendo?

Incolpare i giovani di essere “di destra”, “reazionari” o addirittura “estremisti” è una risposta fin troppo semplicistica. Chi governa deve fermarsi e ascoltare: cosa sta davvero spingendo questa ondata di disaffezione? Il mondo in cui i giovani vivono oggi è profondamente diverso da quello delle generazioni precedenti. E soprattutto, è un mondo che, agli occhi di molti di loro, non offre alcun futuro.

Una generazione in rivolta contro lo status quo

Non si tratta solo di politica. I giovani d’oggi sono sempre più anti-sistema. Anche chi continua a preoccuparsi per il cambiamento climatico o per le disuguaglianze sociali, spesso sente che questi temi sono secondari rispetto ai problemi più immediati: il lavoro che non c’è, il costo della vita insostenibile, un’istruzione che non prepara alla realtà, l’impossibilità di costruirsi una stabilità economica e familiare. E in tutto questo, l’ingiustizia di dover pagare il prezzo di scelte politiche fatte da altri, senza mai essere stati ascoltati.

Ma come reagiscono i giovani a questa frustrazione? Alcuni si rifugiano nel cinismo, convinti che “la politica non è roba per noi”  e che nessuno al potere voglia davvero aiutarli. Altri si allontanano del tutto dalle notizie, nauseati dal continuo bombardamento di informazioni negative e da una classe dirigente che sembra impegnata solo a urlarsi addosso. Questo atteggiamento non è un capriccio: è il sintomo di un sistema che non funziona più, che non sa più parlare ai cittadini più giovani. E quando un’intera generazione inizia a sentirsi fuori dal sistema, la democrazia stessa è in pericolo.

La grande emergenza: il futuro economico

In tutta Europa, la preoccupazione più grande dei giovani è la stessa: il lavoro. Quasi nessuno sotto i trent’anni ha vissuto un periodo di vera stabilità economica. Hanno visto crisi finanziarie, pandemie, inflazione alle stelle. Eppure, al posto di riforme serie, i governi hanno accumulato debiti su debiti, scaricando sulle nuove generazioni il peso di ripagarli.

Ma non è solo questo. Il sistema scolastico è rimasto indietro, formando ragazzi con competenze che spesso non servono nel mondo del lavoro di oggi. Il risultato? Giovani sottopagati, sfruttati, costretti a fare lavori precari senza prospettive. E su tutto questo incombe l’incubo più grande: la casa.

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Possedere un’abitazione è sempre stato il pilastro della sicurezza economica e sociale. Ma per i giovani d’oggi, è un miraggio. Prezzi alle stelle, stipendi troppo bassi, affitti insostenibili. Il sogno di costruire una vita indipendente si infrange contro una realtà che li vede sempre più bloccati, costretti a vivere con i genitori o a condividere spazi minuscoli con coinquilini.

Una crisi di identità

Oltre all’aspetto economico, c’è un’altra grande battaglia in corso: quella dell’identità. Dopo decenni di laicizzazione e di allontanamento dalle tradizioni, molti giovani, soprattutto tra i migranti, si trovano a fare i conti con un senso di smarrimento. Il concetto stesso di identità di genere è in continua evoluzione, creando in alcuni un senso di incertezza e spingendoli a rifugiarsi in valori più tradizionali.

E poi c’è l’immigrazione, un tema che riguarda tutti. Chi pensa che solo i più anziani siano preoccupati per l’integrazione si sbaglia di grosso. I giovani saranno i primi a dover affrontare le conseguenze di politiche migratorie inefficaci e di una società sempre più divisa su questi temi. Eppure, i politici continuano a prendere decisioni senza coinvolgerli davvero, favorendo spesso solo le fasce più anziane della popolazione. Il risultato? Una generazione che non si sente rappresentata, che si sente abbandonata e tradita.

Come fermare questa emorragia?

Inserire qualche giovane nelle istituzioni o fare campagne pubblicitarie accattivanti non basta più. I leader politici devono dimostrare di voler davvero costruire un futuro per i giovani. Devono smettere di ignorare i loro problemi reali, di relegarli a una generazione di “viziati” incapaci di accontentarsi.

L’unica vera soluzione è l’ascolto. Un ascolto autentico, non quello di facciata. Perché se chi governa continuerà a ignorare il grido di frustrazione delle nuove generazioni, non sarà solo il loro voto a perdersi, ma la loro fiducia nella democrazia stessa.

Foto: Shutterstock.com

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