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Malta

pilatus bank, accuse gravissime ma nessun colpevole: chi protegge chi?

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Un’inchiesta magistrale ha lanciato una bomba nel mondo della finanza maltese: diversi alti funzionari della Pilatus Bank dovrebbero essere incriminati per riciclaggio di denaro, associazione a delinquere e altri reati gravissimi. Ma, nonostante le prove schiaccianti, nessuno è stato ancora chiamato a rispondere davanti alla giustizia. E ora, una sentenza della Corte d’Appello ha spento le speranze di chi chiedeva a gran voce che la polizia intervenisse. Un vero e proprio muro legale che lascia impuniti i potenti e alimenta sospetti di insabbiamento.

Una sentenza che blocca tutto

Giovedì, la giudice Consuelo Scerri Herrera ha confermato che la polizia non ha il potere di incriminare i vertici della Pilatus Bank per accuse come il riciclaggio di denaro. La responsabilità, ha spiegato, ricade unicamente sul Procuratore Generale. Il problema? Il Procuratore ha già deciso di non procedere contro alcuni ex funzionari della banca, una decisione che ora è contestata in tribunale.

La giudice ha sottolineato che non si può presumere che il Procuratore non voglia agire contro gli altri dirigenti, ma se anche emettesse un nolle prosequi  (una decisione formale di non perseguire), quella scelta potrebbe essere impugnata. In pratica, tutto è nelle mani del Procuratore, mentre la polizia rimane spettatrice.

Non solo: secondo la sentenza, se la polizia avesse perseguito i funzionari per reati minori, il Procuratore non avrebbe più potuto incriminarli per reati più gravi, poiché sarebbe scattato il principio del double jeopardy —ovvero, il divieto di essere processati due volte per gli stessi fatti. Una situazione kafkiana che sembra fatta su misura per garantire l’impunità.

Pilatus Bank: il mistero dei mandati mai eseguiti

L’inchiesta magistrale aveva acceso i riflettori su uno scandalo enorme: riciclaggio di denaro, associazione a delinquere e persino sospetti di traffico di influenze tra Ali Sadr, presidente della banca, e Keith Schembri, ex capo di gabinetto dell’Ufficio del Primo Ministro. Nonostante queste rivelazioni esplosive, nessuno è finito in tribunale.

A peggiorare le cose, sebbene siano stati emessi mandati di arresto internazionali per alcuni dirigenti della banca, questi non sono mai stati eseguiti. Perché? Chi sta proteggendo chi?

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Di fronte a questa situazione assurda, l’ONG Repubblika ha deciso di agire, portando il caso in tribunale per costringere la polizia a incriminare gli altri dirigenti citati nell’inchiesta. Ma il loro tentativo è stato fermato dalla magistrata Nadine Lia, che ha ritenuto le prove insufficienti per emettere un ordine di accusa.

La battaglia di Repubblika: accuse e colpi di scena

L’ex presidente di Repubblika, Robert Aquilina, non ci sta: ha dichiarato di aver presentato alla corte una montagna di prove, tra cui una copia autenticata dell’Inchiesta Pilatus e persino email interne della polizia. Ma secondo lui, tutto è stato ignorato.

L’avvocato Jason Azzopardi, rappresentante di Repubblika, ha definito la decisione della corte di primo grado “sbalorditiva” e “contraddittoria” . Ha accusato la magistrata di aver ignorato documenti chiave e di aver persino dichiarato che i rapporti presentati non contenessero i nomi delle persone da incriminare, quando invece erano ben visibili.

“Molti documenti sono stati presentati, inclusa la conclusione dell’inchiesta magistrale, eppure tutto è stato ignorato”  ha dichiarato Azzopardi.

Ma c’è di più. Secondo lui, la decisione della magistrata Nadine Lia è stata una vera e propria “eresia giuridica”, perché ha stabilito che la polizia non poteva agire a causa dei mandati di arresto internazionali ancora pendenti. “In passato sono state presentate accuse anche prima dell’esecuzione dei mandati. Perché questa volta no?”  ha incalzato Azzopardi.

Inoltre, ha accusato la magistrata di non essere stata obiettiva: invece di concentrarsi sui reati dei funzionari di Pilatus Bank, ha chiesto un’indagine su come Aquilina fosse entrato in possesso dei documenti.

Il Procuratore Generale difende la sua posizione

Da parte sua, l’avvocato del Procuratore Generale, Ramon Bonett Sladden, ha difeso la decisione di respingere l’appello di Repubblika, affermando che il metodo con cui vengono formulate le accuse è una questione di strategia. Il Procuratore, ha spiegato, può scegliere se procedere prima di richiedere un mandato di arresto internazionale o dopo.

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Ha anche ribadito che le conclusioni di un’inchiesta magistrale “non sono la parola definitiva”  e che il Procuratore può scegliere di formulare accuse diverse rispetto a quelle raccomandate dal magistrato inquirente.

Infine, ha avvertito che l’azione legale di Repubblika potrebbe creare un pasticcio giudiziario, portando a due processi paralleli: uno condotto dal Procuratore Generale e l’altro dalla polizia.

Impunità o giustizia?

Mentre il caso continua a trascinarsi nei tribunali, una domanda aleggia nell’aria: la giustizia maltese riuscirà mai a processare i potenti, o l’ombra della Pilatus Bank continuerà a oscurare la credibilità del sistema giudiziario?

Foto: [Archivio Times of Malta]

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