Da oltre 100 giorni, Yosuf Ahmed Adam vive un incubo dietro le sbarre del centro di detenzione di Safi. Dopo 13 anni trascorsi a Malta, dove ha lavorato legalmente e costruito una vita, ora rischia di essere deportato in Etiopia, in una regione devastata dai conflitti. Il suo timore? Un destino segnato dalla morte o dalla prigione.
“Andate su internet e cercate ‘regione Amhara’,” implora Adam, “vedrete che lì c’è guerra. Io a Malta vivo bene, ma se mi mandano indietro, morirò. È sicuro. Mi uccideranno o mi metteranno in prigione. Ho paura, molta paura.”
La sua voce tradisce non solo la paura, ma anche un profondo senso di ingiustizia. Adam parla un maltese chiaro e fluente, riflesso di un’integrazione che lui stesso considera completa. “Amo Malta, è casa mia. Ho imparato la lingua, mi sono adattato alla cultura, e non ho mai avuto problemi con la polizia o con i maltesi. Qui sono cresciuto.”
Eppure, il governo sembra non voler ascoltare. Da agosto, le autorità hanno arrestato diversi cittadini etiopi, molti dei quali risiedono a Malta da oltre 17 anni, vivendo e lavorando legalmente. Secondo il Ministero dell’Interno, il rimpatrio fa parte di un’iniziativa europea per intensificare i rientri verso l’Etiopia. Ma queste azioni hanno gettato nel panico l’intera comunità etiope, che ora vive nell’ombra della paura.
Adam racconta con dolore di essere stato strappato via dalla sua routine quotidiana. “Fino all’estate scorsa lavoravo regolarmente. Non ho mai avuto problemi con il mio datore di lavoro, con i clienti, né tantomeno con la polizia. Il mio casellario giudiziale è pulito. Potete controllare voi stessi,”
afferma con orgoglio e frustrazione.
Il Ministero dell’Interno, dal canto suo, non fornisce dettagli sulla destinazione dei rimpatri, limitandosi a dichiarare che i procedimenti sono condotti in maniera giusta e umana. Un portavoce ha evidenziato l’investimento fatto nell’Agenzia per la Protezione Internazionale, con l’obiettivo di garantire un processo d’asilo equo e di qualità. “Abbiamo istituito un’Unità di Controllo Qualità e un’Unità per i Rimpatri nel 2021 per sostenere i ritorni volontari e assicurare rimpatri umani e sostenibili,” ha spiegato.
Ma la risposta istituzionale non placa le critiche. Attivisti, avvocati e persino la Chiesa si schierano contro quella che definiscono una politica disumana. Le proteste non si sono fatte attendere, con manifestazioni che chiedono al governo di adottare un approccio più compassionevole verso chi ha ormai radicato la propria vita a Malta. “Stiamo parlando di persone che si sono integrate pienamente nella nostra società,” accusano i critici. “Privarle del diritto di restare è una violazione dei diritti umani.”
E mentre il governo difende la sua linea dura come deterrente contro i trafficanti di esseri umani, la realtà di Adam e di altri come lui racconta una storia diversa: quella di vite spezzate, di famiglie separate, di sogni infranti. Per ora, Adam e i suoi connazionali devono affrontare l’angoscia dell’incertezza, in attesa che il destino prenda una piega definitiva.
Foto: Darren Zammit Lupi