Mario Draghi, ex presidente della BCE e primo ministro italiano. Foto: Shutterstock.com
Il vecchio continente sta perdendo costantemente, e in modo allarmante, importanza in un mondo sempre più complesso, un fatto che non può essere ignorato.
A livello economico, il calo della produzione industriale europea non è un semplice segnale. Le ultime statistiche di Eurostat rivelano una tendenza costante e allarmante. A febbraio, la produzione industriale del blocco è stata inferiore del 5,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questa tendenza si è sviluppata negli ultimi decenni e richiede un’attenzione immediata.
Dal punto di vista politico, i Paesi europei sono spesso ignorati quando scoppiano le grandi crisi globali. Stati Uniti, Cina e Russia sono le superpotenze che influenzano le questioni geopolitiche globali. Nell’UE e in Gran Bretagna, i litigi politici interni sono una realtà continua che allontana la gente comune dalla politica.
I partiti politici tradizionali di centro-destra e centro-sinistra stanno adottando il modello populista per accattivarsi un elettorato sempre più frustrato. Promettono qualsiasi cosa possa far guadagnare loro voti e farli rieleggere.
L’attuale campagna elettorale per il Parlamento europeo rivela quanto i politici tradizionali siano scollegati dalle soluzioni di cui l’UE ha bisogno per portare un nuovo rinascimento nel vecchio continente. È doloroso vedere come la narrativa pre-elettorale si stia evolvendo nei diversi Stati membri.
Quindi, cosa bisogna fare per salvare l’Europa dall’irrilevanza geopolitica ed economica?
Mario Draghi, ex presidente della BCE e primo ministro italiano, ha appena proposto un progetto. Draghi ha pochi amici e molti nemici, non da ultimo nel suo stesso Paese. Tuttavia, è una delle poche figure pubbliche di alto profilo con una visione chiara di come rendere l’Europa di nuovo importante.
Draghi ha appena dato un’anticipazione del suo attesissimo rapporto sulla competitività del blocco, che sarà pubblicato alla fine di giugno. In una conferenza sui diritti sociali europei a La Hulpe, in Belgio, ha dichiarato: “L’Europa deve subire un cambiamento radicale per rimanere competitiva di fronte alla Cina e al rifiuto degli Stati Uniti di giocare secondo le regole del commercio internazionale”.
Con uno stile non offensivo, ma tagliente e articolato, Draghi si spinge oltre. Dice: “In un ambiente internazionale benigno, ci siamo fidati del campo di gioco a livello globale e dell’ordine internazionale basato sulle regole, aspettandoci che gli altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente, sorprendendoci”.
“Dal punto di vista politico, i Paesi europei sono spesso ignorati quando scoppiano le grandi crisi globali”.
Eppure i politici dei vari Stati membri continuano a usare l’UE come una mucca da mungere, cercando di ottenere il maggior numero possibile di fondi per i loro Paesi, incolpando i burocrati di Bruxelles quando le cose vanno male e proponendosi come difensori della sovranità nazionale. Manca una visione chiara di persone come Draghi, che non ha bisogno di impressionare nessuno con le sue credenziali di leader trasformista e non si preoccupa delle critiche feroci di politici come Matteo Salvini, leader del partito italiano di estrema destra La Lega
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Le attuali debolezze strategiche nella pianificazione economica dell’UE sono crudamente descritte da Draghi, che afferma: “Ci manca una strategia per tenere il passo in una corsa sempre più spietata alla leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno degli Stati Uniti e della Cina nelle tecnologie digitali e avanzate, anche per la difesa, e abbiamo solo quattro operatori tecnologici europei tra i primi 50 al mondo”.
I principali concorrenti dell’Europa, gli Stati Uniti e la Cina, hanno il vantaggio di avere economie di dimensioni continentali per generare scala, aumentare gli investimenti e conquistare quote di mercato nei settori che contano. L’Europa ha le stesse dimensioni naturali, ma è frammentata in molti Stati diversi con scarso interesse a unirsi economicamente.
La maggior parte dei leader degli Stati membri vede l’UE solo come un mercato comune dove poter commerciare internamente senza troppe restrizioni. I parlamentari europei giustificano la loro esistenza e il costo che i contribuenti devono sostenere per mantenerli nella loro bolla di Strasburgo, cantando vittoria quando si accordano su alcune micro misure che hanno un impatto minimo sulla vita della gente comune.
La prossima Commissione europea si insedierà tra pochi mesi. Assisteremo di nuovo al penoso spettacolo del mercanteggiamento tra i diversi blocchi politici e i leader dei 27 Stati membri per eleggere i vertici istituzionali. Il Parlamento europeo, gonfio ma praticamente impotente, discuterà all’infinito su chi “approvare” come commissario e chi mandare a casa.
Il commento finale di Draghi nel suo discorso in Belgio rimane l’indicazione più valida di ciò che deve essere fatto.
Egli sostiene: “Se vogliamo essere all’altezza di Stati Uniti e Cina, avremo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione non meno ambiziosa di quella che i Padri fondatori fecero 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio”.