Ieri la Banca d’Italia ha più che raddoppiato le previsioni di crescita per l’anno in corso, grazie a un’espansione del prodotto interno lordo nel primo trimestre superiore alle attese, pur mettendo in guardia dalla “forte incertezza” derivante dalla guerra in Ucraina.
La Banca Centrale
prevede ora che il prodotto interno lordo (PIL) crescerà dell’1,3% nel 2023, rispetto alla previsione dello 0,6% pubblicata a gennaio.
Nonostante l’espansione dello 0,6% registrata nel primo trimestre, la crescita rimarrà moderata, ha avvertito la banca, “frenata dagli effetti del peggioramento delle condizioni di finanziamento”
.
Per il 2024 e il 2025 prevede una crescita rispettivamente dell’1,0% e dell’1,1%, rispetto all’1,2% stimato per ciascun anno a gennaio.
I consumi
delle famiglie, scesi alla fine del 2022, dovrebbero espandersi moderatamente nel triennio a un ritmo simile a quello della crescita del PIL, grazie al calo dell’inflazione legato alla diminuzione dei costi energetici.
L’inflazione dovrebbe scendere al 6,1% quest’anno, per poi scendere al 2,3% nel 2024 e al 2,0% nel 2025, tornando all’obiettivo di lungo termine della Banca Centrale Europea.
Le previsioni ipotizzano che le materie prime non subiranno ulteriori ripercussioni a causa della guerra in Ucraina, con i prezzi che rimarranno “sostanzialmente stabili”
nel periodo, a livelli inferiori rispetto a quelli registrati nel 2022.
I consumi delle famiglie, che sono diminuiti alla fine del 2022, dovrebbero espandersi moderatamente nel triennio a un ritmo simile a quello della crescita del PIL, grazie al calo dell’inflazione legato alla riduzione dei costi energetici.
“Il conflitto in Ucraina è ancora uno dei principali fattori di instabilità, che potrebbe innescare ulteriori aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche e un deterioramento della fiducia di famiglie e imprese”, ha scritto la banca. “Queste proiezioni sono circondate da un’elevata incertezza e i rischi per la crescita sono principalmente orientati al ribasso”
.
Altri “rischi non trascurabili” sono legati all’attività economica globale e alla sua risposta alla “stretta monetaria in atto nelle economie avanzate”, che potrebbe pesare sulle esportazioni
italiane di beni e servizi.