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Damasco in festa: la caduta di Assad cambia la storia

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Una folla in festa si è riversata in Piazza degli Omayyadi, nel cuore di Damasco, sventolando le bandiere dell’indipendenza siriana per celebrare un evento che ha segnato la storia: la cacciata del presidente Bashar al-Assad. Una rivoluzione che sembrava impossibile è diventata realtà, frutto di un piano segreto orchestrato per un anno intero dall’alleanza ribelle guidata dagli islamisti, come ha rivelato un leader dell’opposizione al Guardian .

Hayat Tahrir al-Sham (HTS), il gruppo islamista noto per le sue radici in Al-Qaeda, ha dimostrato di aver saputo trasformare la sconfitta in vittoria. Dopo il colpo subito nel 2019 in un’operazione governativa, l’HTS ha analizzato gli errori del passato, individuando “l’assenza di una leadership unificata e di un controllo efficace sul campo di battaglia ” come la causa principale della sconfitta, ha spiegato Abu Hassan al-Hamwi, comandante dell’HTS ed ex leader dell’ala militare del gruppo. La risposta? Un’operazione meticolosamente pianificata, ribattezzata “Deterrente all’Aggressione”, che ha preso forma passo dopo passo.

L’HTS ha rafforzato il controllo sui gruppi d’opposizione nel nord-ovest della Siria, ha addestrato una milizia specializzata e ha elaborato una “dottrina militare completa“, gettando le basi per un attacco rivoluzionario. Ma non si è fermato lì: il gruppo ha lavorato per unire forze ribelli e jihadiste nel sud della Siria, sotto il dominio di Assad da sei anni, creando una “sala di guerra unificata ” con 25 gruppi pronti a coordinare un’offensiva su larga scala. Il piano era ambizioso: attaccare il sud e il nord contemporaneamente, convergendo su Damasco e abbattendo il regime una volta per tutte.

Il momento perfetto è arrivato a novembre, con gli alleati chiave del regime – Russia e Iran – distratti da altre crisi internazionali. In pochi giorni, le forze ribelli hanno travolto città cruciali come Aleppo, Hama e Homs, aprendo la strada verso Damasco. “Eravamo convinti, basandoci sui precedenti storici, che ‘Damasco non può cadere finché Aleppo non è libera’“, ha spiegato Hamwi, sottolineando come la forza della rivoluzione fosse radicata nel nord. “Una volta liberata Aleppo, ci siamo mossi verso sud con l’obiettivo di colpire il cuore del regime.

Dietro questa rivoluzione c’è stata anche una sorprendente innovazione tecnologica. Per contrastare le armi avanzate fornite da Mosca e Teheran al regime di Assad, l’HTS ha sviluppato una flotta di droni all’avanguardia: da ricognizione, d’attacco e persino suicidi. Il gioiello di questa strategia è stato lo “Shahin”, un drone soprannominato “il falco” per la sua precisione e potenza. “Avevamo bisogno di droni capaci di garantire autonomia e raggio d’azione elevati “, ha spiegato Hamwi. Lo “Shahin” ha fatto il suo debutto in battaglia contro le forze di Assad, neutralizzando veicoli d’artiglieria e segnando un punto di svolta.

Ora che il regime di Assad è caduto e il paese si prepara a voltare pagina, l’HTS cerca di rassicurare le minoranze e la comunità internazionale sul suo progetto di inclusione. “Affermiamo che le minoranze in Siria sono parte integrante della nazione e hanno diritto a praticare i loro riti, accedere all’istruzione e ai servizi come ogni altro cittadino siriano“, ha dichiarato Hamwi, aggiungendo che “il regime ha seminato divisioni, ma stiamo cercando, per quanto possibile, di colmare queste fratture“.

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La Siria si risveglia da cinque decenni di dominio brutale, mentre il mondo osserva con speranza e apprensione i prossimi passi di questa nuova era.

Foto: AFP

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