Lunedì sera, Valletta è stata teatro di una manifestazione travolgente, con una marea di manifestanti scesi in piazza per lanciare un grido di protesta contro il governo. Tra striscioni che recitavano “vergogna su di voi” e giocattoli a forma di maiale, la capitale si è trasformata in un campo di battaglia simbolico, dove le accuse di corruzione hanno risuonato forti e chiare. Il leader del Partito Nazionalista (PN), Bernard Grech, ha preso la parola con un appello accorato ai deputati del Partito Laburista (PL), esortandoli a “farsi sentire” su tutto ciò che sta minando la fiducia dei cittadini nel governo. La rabbia era palpabile, e la folla non ha esitato a far sentire la propria voce.
Alle 17:45, mentre le note di “Fight for Your Right” dei Beastie Boys riecheggiavano nell’aria, il cuore pulsante della protesta ha preso forma davanti al Parlamento. Un enorme cartellone che ritraeva il Primo Ministro Robert Abela, accompagnato dallo slogan “frodi biss, frodi spiss” (‘solo frodi, frodi frequenti’), tracciava in modo simbolico la condanna popolare nei confronti della sua gestione. La piazza, simbolo del potere, è stata blindata, ma nonostante le difficoltà logistiche, la folla non ha accennato a fermarsi. La protesta, infatti, nasceva da uno scandalo che ha scosso l’intera nazione: il coinvolgimento di importanti membri del governo, come i ministri del turismo e di Gozo, in una vicenda che ha visto assegnare un contratto d’oro alla moglie di Clayton Bartolo, Amanda Muscat. Un’azione che ha portato alla clamorosa dimissione di Bartolo dal governo e dal gruppo parlamentare del PL.
Ma la domanda che tutti si ponevano era un’altra: perché Clint Camilleri, coinvolto in vicende altrettanto gravi, non fosse stato ancora destituito dalla sua carica ministeriale. “Perché lui resta al suo posto?”, gridavano i manifestanti. Il clima di disillusione era tangibile, e mentre alcuni protestanti si coprivano con maschere da maiale, altri sventolavano striscioni che mettevano sotto accusa il governo per l’inaccettabile gestione delle risorse pubbliche.
Grech ha usato parole forti per accusare il governo di aver alimentato una catena di frodi, clientelismo e abuso di potere. “Hanno derubato i più deboli attraverso i benefici sociali; hanno sottratto 400 milioni di euro agli ospedali e ai pazienti; hanno ingannato il Paese con il caso dell’Identità Agency
; hanno dato appalti da migliaia di euro a chiunque fosse vicino al PL”. La sua denuncia ha colpito nel cuore le piaghe più dolorose della politica malese, lasciando spazio a una riflessione amara sullo stato attuale del governo.
Ma la manifestazione non è stata solo una denuncia. Grech ha anche voluto celebrarla come una “vittoria del popolo”, dopo che la Corte ha dato alla Procura dello Stato il potere di agire in modo indipendente per recuperare i fondi sottratti attraverso la truffa legata alla concessione ospedaliera. Il popolo ha vinto, ma la battaglia è lontana dall’essere finita. In un momento particolarmente emozionante, i manifestanti hanno chiesto le dimissioni di Camilleri, accusato di frode tanto quanto Bartolo, se non di più. “Camilleri deve andare, è colpevole di frode quanto – se non più – di Bartolo”
ha ribadito Grech, concludendo con un appello a una “rivoluzione” politica che già sta prendendo piede.
Anche Adrian Delia, portavoce del PN per la salute, ha scagliato accuse velenose contro il governo, definendo la sua politica un fallimento. La sua denuncia è stata ancora più tagliente quando ha parlato dell’inadeguatezza del governo nell’affrontare i problemi sociali ed economici del Paese. Ha citato la vergogna di importare 22.000 persone ogni anno, mentre i giovani maltesi sono costretti a cercare fortuna all’estero. Delia ha chiuso il suo intervento parlando di quanto i 400 milioni sottratti con il contratto ospedaliero equivalgano a “5.714 mogli di ministri”, con un colpo basso che ha colpito dritto al cuore delle poltrone più alte del governo.
Tra i volti che si sono distinti nella protesta, c’era anche Stef Formosa, docente presso MCAST, che ha accusato il governo di non rispettare i diritti dei docenti e degli studenti, privando i giovani della possibilità di un’educazione di qualità. “I nostri studenti hanno diritto all’istruzione e noi abbiamo il dovere di insegnare loro
”, ha dichiarato con rabbia, raccontando la frustrazione per una situazione che sembra non voler mai cambiare.
La pioggia che ha bagnato la capitale non ha fermato la determinazione dei manifestanti. Nonostante le difficoltà, la loro voce è risuonata forte e chiara: il popolo vuole giustizia, vuole trasparenza, vuole una vera svolta. Il governo, se non si sveglierà, si troverà a fronteggiare una tempesta che non sarà facile fermare.
Foto: Matthew Mirabelli
Foto: Emma Borg