Meta, il gigante dei social media, al centro di un’inquietante rivelazione: avrebbe guadagnato centinaia di migliaia di dollari promuovendo contenuti legati a una rete di disinformazione filo-russa. Secondo un rapporto esplosivo di esperti in manipolazione digitale, la rete conosciuta come “Doppelganger” ha sfruttato Facebook per diffondere messaggi contro l’Ucraina e l’Occidente, mirati a influenzare gli utenti di Francia, Germania, Polonia e Italia.
Tra agosto 2023 e novembre 2024, Meta avrebbe incassato la cifra impressionante di 338.000 dollari per promuovere almeno 8.000 contenuti sponsorizzati di questa rete, nonostante le sanzioni imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti a due società russe legate a questa operazione. Uno dei principali attori, la Social Design Agency (SDA), è riuscita a pubblicare su Facebook nonostante le restrizioni.
Il CEO di Check First, Guillaume Kuster, ha dichiarato: “Nonostante queste sanzioni, Meta ha continuato a esaminare, approvare e distribuire annunci legati alla SDA. Questo solleva gravi preoccupazioni legali riguardo alla conformità con i regolamenti internazionali.”
Nel rapporto intitolato “Influence by Design”
, si legge che la rete Doppelganger non solo imita le testate giornalistiche occidentali per diffondere la propaganda, ma ha anche ampliato la sua portata, approdando su piattaforme emergenti come Bluesky. Qui, i messaggi vengono amplificati da account bot con profili creati dall’intelligenza artificiale, biografie identiche e un’inquietante coordinazione per interagire con contenuti in tempi rapidissimi.
Joseph Bodnar, ricercatore dell’Institute for Strategic Dialogue, ha sottolineato l’evoluzione di questa campagna: “Doppelganger si adatta agli eventi attuali, si concentra su problemi reali e li esaspera per alimentare la divisione.”
Tuttavia, nonostante la complessità e la sofisticazione dell’operazione, il pubblico raggiunto rimane relativamente limitato.
Un dettaglio paradossale? “Parte del loro successo sta proprio nella copertura mediatica che denuncia queste operazioni e nelle rivelazioni dei ricercatori,” ha aggiunto Kuster.
Meta, dal canto suo, si difende affermando di essere stata “la prima azienda tecnologica a smascherare questa campagna”
e di aver bloccato migliaia di post legati alla rete. Nonostante queste misure, i dubbi sul ruolo di Meta nell’approvazione e nella distribuzione di tali contenuti restano aperti, sollevando domande cruciali sulla responsabilità delle grandi piattaforme tecnologiche nel contrastare la disinformazione globale.
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