Un colpo di scena senza precedenti scuote la Corea del Sud: il Presidente Yoon Suk Yeol, con tono fermo e risoluto, ha promesso di combattere “fino all’ultimo minuto”, difendendo con veemenza la sua controversa decisione di dichiarare la legge marziale e inviare truppe armate nel cuore del parlamento. Un’azione che ha lasciato il Paese sotto shock, gettandolo in una delle crisi politiche più profonde degli ultimi anni.
“Mi scuso ancora con il popolo che deve essere rimasto sorpreso e ansioso a causa della legge marziale. Vi prego di avere fiducia in me,”
ha dichiarato Yoon in un discorso televisivo che ha catturato l’attenzione di milioni di cittadini. Ma queste parole basteranno a placare una nazione in subbuglio? Il sabato si profila cruciale, con il voto di impeachment alle porte e un’opposizione determinata a destituire il leader.
Il voto, previsto per le 17:00, richiederà il sostegno di otto membri del partito di maggioranza, il People Power Party (PPP), per raggiungere la necessaria maggioranza di due terzi. Nel frattempo, il leader del PPP, Han Dong-hoon, ha esortato i suoi colleghi a votare “secondo la loro convinzione e coscienza.” Ma la tensione è palpabile: mercoledì, la polizia si è vista negare l’accesso agli uffici presidenziali, ricevendo documenti definiti “molto limitati”
dallo staff di Yoon.
Le strade di Seul, intanto, sono un teatro di proteste quotidiane, con migliaia di cittadini che invocano le dimissioni del Presidente. Allo stesso tempo, le indagini si intensificano: giovedì, le autorità hanno perquisito il comando della difesa della capitale, unità chiave nello stato d’emergenza, mentre l’ex ministro della Difesa, Kim Yong-hyun, ha tentato il suicidio in carcere.
Kim, arrestato con l’accusa di “insurrezione” e “abuso di autorità,”
sarebbe stato uno dei principali sostenitori della legge marziale. Nonostante il gesto disperato, è stato dichiarato in buone condizioni di salute mercoledì. Anche altri membri chiave dell’operazione militare, tra cui l’ex ministro degli Interni e un generale, sono stati posti sotto divieto di espatrio, mentre due alti funzionari di polizia sono stati arrestati mercoledì mattina.
Yoon, tuttavia, rimane inflessibile. Nel suo discorso, ha accusato l’opposizione di aver trascinato il Paese in una “crisi nazionale” e descritto l’Assemblea Nazionale come “un mostro che distrugge l’ordine costituzionale della democrazia liberale.” Ha dichiarato, con tono solenne, di non voler eludere alcuna responsabilità legale o politica legata alla sua decisione, che ha giustificato come un passo necessario per “proteggere la Corea del Sud dalle minacce delle forze comuniste nordcoreane e eliminare elementi anti-stato.”
Mentre il voto decisivo si avvicina, il futuro di Yoon è sempre più incerto. Il rischio di destabilizzare ulteriormente il Paese si fa concreto, e la Corea del Sud affronta un momento cruciale della sua storia politica.
Foto: AFP