Due persone legate ad aziende taiwanesi sono finite sotto i riflettori di un’indagine che scuote le fondamenta della sicurezza internazionale. Un’indagine che mette in luce l’incredibile uso di dispositivi, apparentemente innocui, da parte di Hezbollah in Libano. Gli investigatori hanno rivelato venerdì che le autorità stanno cercando di fare luce su una vicenda che lascia senza parole: migliaia di cercapersone esplosi in tutta Beirut, causando feriti a catena. Ma da dove vengono davvero questi dispositivi di morte? Taiwan nega con fermezza ogni coinvolgimento, mentre la speculazione sul loro misterioso viaggio verso le mani del gruppo militante non si placa.
L’interrogativo su chi abbia davvero orchestrato l’arrivo di questi pericolosi dispositivi è divenuto un’ossessione per molti. In un rapporto sconvolgente, fonti anonime hanno suggerito che Israele avrebbe nascosto materiali esplosivi in una partita di cercapersone proveniente dall’azienda taiwanese Gold Apollo. Il tutto per destabilizzare la regione. Ma il CEO di Gold Apollo, Hsu Ching-kuang, ha rifiutato categoricamente queste accuse, spostando invece l’attenzione sul partner ungherese, BAC Consulting KFT, al quale la sua azienda aveva concesso l’uso del proprio marchio.
L’inchiesta ha preso una piega ancora più intrigante quando è emerso il nome di Wu Yu-jen, un rappresentante collegato proprio alla BAC Consulting KFT. Questo personaggio, dal ruolo misterioso, aveva fondato una società a Taipei chiamata “Apollo Systems”, legata alla controversa vicenda. “Il nostro paese prende il caso molto seriamente,” ha dichiarato venerdì l’ufficio dei procuratori del distretto di Shilin a Taipei, con toni che non lasciano spazio all’incertezza. “Abbiamo incaricato la stazione di sicurezza nazionale dell’Ufficio Investigativo di interrogare due persone delle aziende taiwanesi come testimoni
.”
Questi due individui, dopo un intenso interrogatorio, sono stati rilasciati, ma la caccia alla verità è appena iniziata. “Chiariremo i fatti il prima possibile per determinare se le aziende taiwanesi sono coinvolte o meno
,” ha ribadito l’ufficio. E la vicenda si infittisce: quattro località sono state perquisite, tra cui la sede della Gold Apollo nel distretto di Xizhi, e un’altra società collegata, Apollo Systems, nel distretto di Neihu, di recente costituzione.
Il silenzio di Wu Yu-jen, che non ha rilasciato alcuna dichiarazione ai giornalisti durante l’interrogatorio di giovedì, rende tutto ancora più misterioso. Ma la situazione si complica ulteriormente quando il Ministro dell’Economia di Taiwan, Kuo Jyh-huei, interviene per difendere l’integrità della Gold Apollo, affermando che i cercapersone prodotti sono semplicemente costituiti da “componenti a basso costo e batterie” e che “questi dispositivi non esploderebbero mai
“. E allora da dove provengono questi strumenti di distruzione?
Gold Apollo, che ha esportato ben 260.000 cercapersone negli ultimi due anni, non ha mai avuto problemi del genere. “Possiamo essere certi che i dispositivi esplosi in Libano non sono stati prodotti a Taiwan,” ha sottolineato Kuo, chiudendo temporaneamente la questione.
Anche il premier Cho Jung-tai si è fatto sentire, ribadendo che “la compagnia e Taiwan non hanno esportato direttamente cercapersone in Libano“. Tuttavia, l’azienda taiwanese ha puntato il dito contro la BAC, affermando che il modello di cercapersone coinvolto nella vicenda “è prodotto e venduto dalla BAC
.”
Nel frattempo, dall’Ungheria, il governo prende le distanze, con un portavoce che dichiara che la BAC Consulting KFT è “un semplice intermediario commerciale, senza siti di produzione o operativi in Ungheria
“.
La verità è ancora nascosta tra le pieghe di un’intricata rete internazionale di affari oscuri, ma una cosa è certa: questa storia continuerà a far parlare di sé.
Foto: AFP