La decisione della FA di nominare Thomas Tuchel come nuovo allenatore dell’Inghilterra è uno schiaffo al cuore del calcio nazionale. Un vero e proprio tradimento che lascia l’amaro in bocca.
Ma prima di entrare nei dettagli, chiariamo subito una cosa: la mia delusione non ha nulla a che vedere con Thomas Tuchel come persona. Anzi, sono convinto che farà un buon lavoro con la nazionale inglese. È un tecnico di altissimo livello, con un curriculum vincente, e possiede l’intelligenza tattica e la determinazione per portare l’Inghilterra a competere per trofei.
Eppure, c’è un problema enorme e innegabile: Tuchel non è inglese.
Per me, l’allenatore di una nazionale, qualsiasi essa sia, deve essere della stessa nazionalità dei suoi giocatori. Dovrebbe essere una regola sacra, intoccabile, nemmeno da discutere.
Non fraintendetemi, non è xenofobia o razzismo nascosto. È semplice logica. Consentendo ai paesi, specialmente quelli calcisticamente più importanti, di assumere allenatori stranieri, stiamo solo trasformando le competizioni internazionali in un’estensione del calcio di club.
Ed è un altro colpo mortale per il calcio internazionale.
Le sfide tra nazionali dovrebbero essere una questione di orgoglio: i migliori di un paese contro i migliori dell’altro. Se i tuoi “migliori” non sono all’altezza, pazienza. Questo dovrebbe spingere un paese a lavorare di più, migliorare le proprie risorse e creare i propri campioni, se si vuole vincere davvero.
E tutto questo mi porta a una riflessione ancora più profonda. Cosa ci dice questa scelta riguardo agli allenatori inglesi? La FA ha speso centinaia di milioni di sterline in St George’s Park proprio per formare giocatori e allenatori migliori.
Se, dopo dieci anni, ci troviamo ancora a dover fare affidamento su un tecnico straniero, vuol dire che la FA ha fallito. Fallito nella sua missione primaria: sviluppare il talento inglese. E, alla luce di ciò, come possiamo continuare a fidarci di questa banda di incompetenti per prendere decisioni così cruciali?
Lo ammetto, scegliere un tecnico inglese non sarebbe stato facile in questo momento. La lista non è lunga. Ma è un circolo vizioso di mancanza di opportunità e rispetto. E la FA aveva la grande opportunità di spezzare questo ciclo.
Ora, se Tuchel riuscirà a portare l’Inghilterra al prossimo Mondiale, molti chiuderanno un occhio sulla sua nazionalità.
Ma per me, e per milioni di altri che credono nel vero spirito del calcio internazionale, questa situazione non sarà mai davvero accettabile.
La scorsa settimana, i club calcistici europei, supportati dal sindacato dei giocatori, hanno lanciato una vera bomba: hanno accusato la FIFA di abuso di potere, portando il caso direttamente alla Commissione Europea.
La denuncia è chiara: la FIFA sta prendendo decisioni per il proprio vantaggio, senza preoccuparsi dei club o dei giocatori. Troppe partite, troppi tornei, e nessun riguardo per il benessere fisico di chi scende in campo.
E, ad essere onesti, un po’ di ragione ce l’hanno. La prossima estate, molti giocatori passeranno direttamente dalla stagione regolare, alle partite internazionali, per poi finire nel Mondiale per Club, senza nemmeno una pausa decente.
Ma, come sempre, ci sono due facce della medaglia.
La FIFA e la UEFA non hanno perso tempo a rispondere, sottolineando l’ipocrisia dei club, che non si fanno mai scrupoli a spremere i giocatori in amichevoli e tour estivi globali.
“Questi campionati preferiscono un calendario pieno di amichevoli e tour estivi, spesso con lunghi viaggi globali”
ha dichiarato la FIFA, e onestamente non hanno torto. Basti pensare a Newcastle United e Tottenham Hotspur che, appena terminata la stagione, sono volati in Australia per una partita amichevole. Dov’è la preoccupazione per il sovraccarico di partite lì?
Alla fine, si tratta di una vera battaglia di potere tra i club europei e la FIFA per il controllo del calcio. Da una parte i club vogliono il potere, dall’altra la FIFA lo detiene attualmente. La decisione finale spetta alla Commissione Europea.
Nel frattempo, i giocatori sono bloccati nel mezzo di questa lotta, mentre le richieste fisiche su di loro aumentano stagione dopo stagione. Il loro sindacato si è schierato con i club in questa disputa, ma potrebbe essere stata una mossa ingenua. Nessuna delle due parti sembra avere davvero a cuore gli interessi dei giocatori.
E prima o poi, i giocatori se ne accorgeranno. Allora vedremo azioni sindacali, che costringeranno tutti a fermarsi e a trovare una soluzione a questo ritmo insostenibile.
E poi, c’è una questione che ha lasciato molti fan inorriditi: Sir Alex Ferguson, leggenda vivente del Manchester United, verrà sollevato dal suo ruolo di ambasciatore del club.
Dopo aver vinto ben 38 trofei in carriera per lo United, Ferguson, 82 anni, ha continuato a lavorare per il club in ruoli di rappresentanza, guadagnando qualche milione all’anno per portare il nome dello United nel mondo.
Ma ora, nel tentativo di ridurre i costi, il club ha deciso di porre fine a questo rapporto a fine stagione.
Facile capire perché molti tifosi siano scioccati. Ferguson ha dato tutto al club, e qualcuno potrebbe dire che avrebbe il diritto di fare tutto ciò che vuole, anche camminare nudo per i corridoi di Old Trafford, se fosse quello il suo desiderio.
Come ha detto Eric Cantona in un tweet memorabile: “Sir Alex Ferguson dovrebbe poter fare tutto ciò che vuole nel club fino al giorno della sua morte. Tale mancanza di rispetto è scandalosa. Sir Alex Ferguson sarà il mio capo per sempre. E li getto tutti in un sacco di merda.”
Non poteva dirlo meglio.
Intanto, un fatto curioso: quando Kobbie Mainoo si è ritirato dalla squadra inglese la scorsa settimana, è stata la prima volta dal 1976 che una convocazione dei Three Lions non includeva nemmeno un giocatore del Manchester United.
Cosa ci dice questo sulla squadra inglese? Non molto. La qualità dei giocatori è alta. Cosa ci dice invece sulla crisi attuale del Manchester United? Forse, moltissimo.
Foto: Adrian Dennis/AFP