La drammatica morte di Stephen Mangion ha scosso l’intera nazione e ha messo in luce gravi falle nel sistema di emergenza dell’ospedale Mater Dei. L’ex poliziotto, colpito da dolori lancinanti al petto, si è presentato al pronto soccorso cercando disperatamente aiuto. Eppure, nonostante i suoi sintomi chiari e preoccupanti, il sistema sanitario lo ha lasciato solo ad affrontare un destino crudele.
Un’inchiesta condotta dall’ex giudice J.D. Camilleri ha concluso che nessuno può essere ritenuto direttamente responsabile della morte di Mangion, ma la realtà che emerge è inquietante. Mangion, un uomo di 55 anni, è stato visitato prima al centro sanitario di Floriana, dove a prendersi cura di lui erano soltanto medici in formazione, senza la supervisione di specialisti. Da lì, è stato trasferito d’urgenza al Mater Dei, ma anche in ospedale le cose sono andate terribilmente male.
Arrivato al pronto soccorso, Mangion è stato sottoposto rapidamente a un ECG, ma poi… l’attesa. Due ore interminabili in una zona clinica affollata e senza cubicoli disponibili, dove i suoi sintomi si sono aggravati fino al punto di collassare e morire. È questa la realtà sconvolgente che ha portato alla sua fine, un dettaglio che ha lasciato scioccati e arrabbiati i suoi cari e l’opinione pubblica.
“A causa della natura complessa e devastante della dissezione aortica, non si sarebbe potuto fare nulla per evitare la morte di Mangion”
si legge nel rapporto Camilleri, parole che, però, non riescono a lenire il dolore di chi si chiede come sia possibile che un paziente in condizioni così critiche sia stato lasciato attendere tanto a lungo.
Non si è trattato solo di sfortuna. Il rapporto ha rivelato che il centro sanitario di Floriana, dove Mangion era stato inizialmente visitato, era gestito unicamente da medici in formazione, senza accesso diretto a specialisti. Ancora più sconcertante, la macchina ECG a 12 derivazioni era tenuta sotto chiave, disponibile solo su richiesta, lasciando spazio a terribili dubbi: il medico responsabile sapeva davvero come e quando usarla?
La situazione all’ospedale Mater Dei non era migliore. Solo un medico senior era presente nella zona dove Mangion era stato collocato, responsabile contemporaneamente di ben sei pazienti gravemente malati. Un compito impossibile, aggravato da un reparto di emergenza sovraccarico, con troppi pazienti e troppo poche risorse. E così, Stephen Mangion, stremato e sofferente, ha chiesto agli infermieri di sapere quanto ancora avrebbe dovuto aspettare. Gli è stato somministrato un antidolorifico, ma nessuno ha potuto prevedere l’imminente tragedia.
“Durante i periodi di massima affluenza, pazienti ESI-1 (ad alto rischio) possono essere costretti ad attendere a lungo un cubicolo, senza essere adeguatamente rivalutati”
afferma il rapporto, rivelando una delle più gravi criticità di un sistema che, in situazioni estreme, non riesce a garantire la sicurezza dei pazienti.
Il rapporto non si è limitato a descrivere la tragedia di Mangion, ma ha anche fatto una serie di raccomandazioni vitali. Tra queste, la necessità di assegnare personale qualificato per monitorare costantemente i pazienti in attesa e rivalutarne le condizioni cliniche. Il documento supporta anche la proposta ministeriale di ampliare il reparto di emergenza e sottolinea l’urgenza di attrarre e trattenere personale sanitario migliorando le condizioni di lavoro.
Le ultime ore di Stephen Mangion resteranno una macchia indelebile per il sistema sanitario. Un uomo in pericolo, che avrebbe dovuto essere curato subito, è stato lasciato morire in una sala d’attesa. Una realtà troppo cruda per essere ignorata.
Foto: [Archivio Times Of Malta]