venerdì, Marzo 29, 2024
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Polizia cinese: 11 le basi segrete in Italia

Sono più di 100 le stazioni di polizia cinese sparse in 53 Paesi del mondo, con lo scopo di sorvegliare i propri connazionali residenti all’estero.

La denuncia arriva da Safeguard Defenders, una ONG con base a Madrid. Si stima che solo in Italia siano presenti ben 11 basi. La prima venne istituita a Milano già nel 2016, cui si sarebbero aggiunte negli anni dopo anche basi a Roma, MilanoBolzanoVenezia, Firenze, Prato, dove vive la comunità cinese più numerosa, e in Sicilia. Fonti governative cinesi riferiscono che esse svolgono compiti prettamente burocratici, come controlli di passaporti e patenti, ma la realtà potrebbe essere diversa.

Queste stazioni sarebbero nate ufficialmente dopo l’avvio dell’operazioneCaccia alla volpe“, una campagna di rientro forzato dei funzionari e membri del partito corrotti che avevano lasciato il Paese.

Inoltre, una serie di pattugliamenti congiunti fra la Polizia italiana e la Polizia Cinese sarebbero stati avviati già nel 2015 dall’allora Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha firmato quattro accordi di cooperazione bilaterale con il suo omologo Wang Yi. I pattugliamenti sarebbero continuati fino allo scoppio della pandemia nel 2020, ma non sono stati fatti annunci ufficiali sullo stato futuro degli accordi di sicurezza.

Ad oggi, l’Italia è tra i pochissimi Paesi europei che non ha ancora annunciato pubblicamente un’indagine sulle stazioni di polizia cinesi presenti nel proprio territorio.

In diversi Paesi, secondo Safeguard Defenders, sarebbero stati accertati tentativi di intimidazione da parte della polizia cinese che avrebbero condotto al rientro di un cittadino cinese residente da 13 anni in Europa, senza passare per i canali legali dell’estradizione.

L’uomo, accusato di appropriazione indebita, sarebbe rientrato in Cina e da allora se ne sarebbero perse le tracce. Sempre secondo la ONG il metodo implicherebbe inizialmente telefonate, poi minacce ai parenti rimasti in Cina, infine l’impiego di agenti sotto copertura all’estero, che possono arrivare anche a pratiche di adescamento e rapimento.

Sarebbero oltre 210mila i cinesi che in un solo anno abbiano fatto ritorno in Cina ma solo una percentuale tra l’1 e il 7% dei ricercati all’estero dalla Cina rientra attraverso le vie ufficiali. Tutti gli altri vengono “persuasi”.

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