Serve un dibattito nazionale per frenare la dipendenza da social media che sta crescendo a ritmo vertiginoso tra i giovani di Malta. Questo è l’appello lanciato da Natasha Azzopardi Muscat, direttrice per le Politiche Sanitarie e i Sistemi Nazionali dell’OMS Europa, che avverte: “è tempo di una consultazione pubblica e di una discussione”
che coinvolga tutti, dai genitori agli insegnanti, dai professionisti della salute ai ragazzi stessi.
Le parole di Azzopardi Muscat arrivano dopo uno studio internazionale che rivela una situazione allarmante: Malta è tra i Paesi con il più alto tasso di utilizzo dei social media tra gli adolescenti, una vera e propria “dipendenza”. L’indagine Health Behaviour in School-aged Children (HBSC), condotta ogni quattro anni in 44 Paesi, ha rivelato che quasi uno su quattro adolescenti maltesi tra gli 11 e i 15 anni è “agganciato” ai social media, con le ragazze particolarmente a rischio.
Azzopardi Muscat non usa mezzi termini nel commentare questi dati inquietanti: “Quando si tratta dei fattori commerciali che influenzano la salute – e i social media hanno un impatto forte sulla salute – prima o poi sarà necessario regolamentarli, anche se i metodi potrebbero variare in base a cultura e contesto.” E avverte: “Nei Paesi in cui i social media hanno un impatto maggiore sulla salute, potrebbe essere necessario intervenire con più decisione.”
In effetti, altri Paesi stanno già prendendo misure concrete. La Norvegia ha appena annunciato l’introduzione di un’età minima di 15 anni per accedere ai social media, mentre l’Australia sta preparando una normativa che limiterà l’accesso ai giovanissimi con un’età minima tra i 14 e i 16 anni.
E per Malta? Azzopardi Muscat invoca ulteriori ricerche per comprendere meglio l’effettivo impatto dei social media sulla vita dei giovani, ma avverte che “la ricerca richiede tempo prezioso.” Ecco perché è fondamentale iniziare subito un confronto per decidere “se e come proteggere i giovani dai rischi dei social media.”
Oltre la semplice regolamentazione
Secondo Azzopardi Muscat, non basta vietare o limitare: “Un uso intenso dei social non è sempre problematico; alcuni lo gestiscono meglio e per altri può addirittura essere un’opportunità educativa, come quando imparano storia o altri argomenti utili.” E poi, osserva, l’uso dei social è solo la punta dell’iceberg. “I nostri giovani sono ai vertici per sovrappeso e obesità, hanno i livelli più bassi di attività fisica rigorosa, e i quindicenni mostrano un tasso elevato di cattiva salute mentale. C’è un collegamento evidente: più tempo passano online, meno ne dedicano all’interazione faccia a faccia e all’attività fisica.”
Serve quindi un intervento più ampio, che comprenda l’educazione digitale per giovani e genitori. Azzopardi Muscat sottolinea come a Malta ci sia una tradizione consolidata di corsi di Sviluppo Personale, Sociale e Professionale (PSCD), religione ed etica, che possono diventare “canali perfetti per fornire ai ragazzi le competenze e le conoscenze necessarie.”
E lo stesso vale per educatori, professionisti della salute e genitori, che devono essere parte attiva in questo percorso.
Anche i genitori hanno un ruolo cruciale. È noto che molti adolescenti maltesi trascorrono lunghe ore sui social media, ma anche gli adulti ne sono sempre più “dipendenti”. “I bambini seguono l’esempio degli adulti e anche i genitori devono imparare a gestire il proprio uso dei social media”
ha dichiarato, sottolineando come sia importante educare gli adulti a discutere di “benessere digitale” con i figli.
“Molti genitori sono preoccupati e vorrebbero limitare l’uso dei social, ma temono che i loro figli si sentano esclusi”
continua. La chiave, secondo lei, è stabilire linee guida familiari, come limitare l’uso dei social in certe ore o in luoghi specifici, ad esempio in classe o a tavola. E, non meno importante, i genitori devono anche capire quali contenuti i loro figli stanno realmente consumando.
Azzopardi Muscat ha infine esortato l’industria dei social media a essere più trasparente, soprattutto nel rivelare come funzionano gli algoritmi e come influenzano i comportamenti degli utenti. Il primo passo, però, deve avvenire nelle case: “Dobbiamo aprire un dialogo e stabilire il tempo, il luogo e i contenuti. Dobbiamo fidarci dei nostri figli e dar loro gli strumenti – vogliamo che siano loro a dominare i social media, e non che i social media dominino loro.”
Foto: Shutterstock.com