Gli italiani hanno un talento naturale nel trasformare il loro cibo in un mito globale. Tra iperboli, mezze verità e abili strategie di marketing, sono riusciti a convincere il mondo che la dieta italiana – e in particolare quella mediterranea – sia la più sana e perfetta in assoluto. Ma cosa accadrebbe se vi dicessero che, in realtà, i medici non sono affatto d’accordo?
In Italia, i media dipingono il cibo nazionale come un’opera d’arte, un patrimonio intoccabile da difendere con orgoglio. Documentari e programmi televisivi celebrano l’industria agroalimentare italiana con immagini mozzafiato di paesaggi rurali, borghi antichi e tavole imbandite di prelibatezze come pasta, olio extravergine d’oliva, vino pregiato, bistecca alla Fiorentina e salumi. Il messaggio è chiaro: la cucina italiana non è solo deliziosa, ma è anche sinonimo di benessere e lunga vita.
Ma la realtà è ben diversa. Una revisione clinica della tanto osannata dieta mediterranea rischia di distruggere in un attimo l’illusione che un piatto di spaghetti alla carbonara o un bicchiere di Barolo possano essere il segreto della longevità.
Il concetto di “dieta mediterranea” nasce negli anni ’50 grazie al fisiologo americano Ancel Keys, che condusse uno studio a Nicotera, in Calabria. Qui, la cucina povera
non era una scelta, ma una necessità per chi viveva nella miseria, riuscendo a nutrirsi con ciò che offriva la terra. Keys scoprì che gli abitanti del luogo consumavano principalmente cibo locale e biologico, seguendo ricette tradizionali basate su un’agricoltura di sussistenza.
Oggi, la politica italiana è spesso caotica e litigiosa, ma c’è un argomento che mette tutti d’accordo: la difesa a oltranza della dieta mediterranea e dell’industria alimentare nazionale. Da destra a sinistra, i politici italiani si oppongono con fermezza a qualsiasi iniziativa dell’UE che possa minacciare l’industria agroalimentare.
Tra i difensori più accesi c’è la premier Giorgia Meloni, che non perde occasione per esaltare il Made in Italy. Durante un recente incontro con l’ex presidente USA Donald Trump, pare abbia messo in guardia sui danni economici che l’Italia subirebbe se gli Stati Uniti imponessero dazi sui prodotti italiani. Inoltre, Meloni si posiziona come un’ostinata avversaria dell’agenda liberal dell’UE, opponendosi alle rigide normative del Green Deal che mirano a promuovere abitudini alimentari più salutari attraverso nuove etichette alimentari.
Eppure, dietro questa narrazione patriottica si nasconde un dato preoccupante: l’Italia, al pari di Malta, Cipro e Croazia, detiene uno dei peggiori tassi di obesità infantile in Europa. Secondo un recente rapporto della FAO, un italiano su dieci beve alcol ogni giorno e il costo sanitario legato all’eccessivo consumo di sale è superiore a quello di Francia, Spagna e Grecia messe insieme.
Nonostante ciò, programmi televisivi di salute come Elisir e Medicina33
continuano a elogiare i benefici della dieta mediterranea, raccomandando di consumare “con moderazione” prodotti come pasta, vino e salumi.
Il nostro record di obesità è un macigno sulle spalle dei nostri leader politici.
Un nutrizionista, con molta prudenza, ha spiegato che un piatto di pasta sano dovrebbe essere composto da 80 grammi di pasta secca, un semplice sugo di pomodoro, un cucchiaio d’olio d’oliva e un pizzico d’aglio. Ma quanti italiani rispettano davvero queste porzioni?
La politica, come sempre, mette gli interessi economici davanti a qualsiasi altra considerazione quando si tratta di votare sulle proposte europee in materia di salute pubblica.
Nel 2010, l’UNESCO ha riconosciuto la dieta mediterranea come patrimonio immateriale dell’umanità
. L’Italia ha sfruttato al massimo questo status per trasformarlo in un vantaggio commerciale e aumentare le esportazioni alimentari. Ma la dieta mediterranea di oggi ha ben poco a che vedere con quella studiata da Keys.
Michele Fino, viticoltore e professore di diritto europeo, ha recentemente sottolineato come l’Europa sia ossessionata dalla tutela del proprio “patrimonio culturale”, anche quando si tratta di cibo. Oggi, il vero business sono i formaggi, i salumi, le conserve, i prodotti da forno, la pasta e il vino, che generano molto più profitto rispetto ai semplici cereali, frutta e verdura – gli alimenti alla base della dieta mediterranea autentica.
Prima di lasciarsi incantare dalla narrazione della cucina mediterranea moderna, sarebbe bene ascoltare gli esperti di salute pubblica, che – a differenza dei politici – non devono proteggere esportazioni e PIL. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l’alcol come cancerogeno per il quale non esiste una soglia sicura di consumo. Nel 2015, anche la carne lavorata è stata dichiarata cancerogena, mentre la carne rossa è considerata “probabilmente cancerogena
“.
La triste verità è che, nei supermercati dei paesi mediterranei, gli scaffali sono pieni di cibi poco salutari, molti dei quali ultraprocessati e pericolosi per la salute delle future generazioni.
Il nostro record di obesità è un macigno sulle spalle dei nostri leader politici.
L’unica speranza è che gli sforzi dell’UE per migliorare la salute pubblica non vengano sabotati dalle lobby dell’industria alimentare, dai burocrati ossessionati dalle regolamentazioni e dai politici più preoccupati della propria rielezione che del benessere dei cittadini.
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