Malta
Attilio Palombi e gli Olivieri Borg: Arte e Legge
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2 anni agoon
Di tanto in tanto, la voglia di arte significativa interagisce con i rigori della legge, dando luogo a situazioni alquanto bizzarre. Cercherò di illustrare questo aspetto raccontando un episodio dimenticato che aveva tutte le carte in regola per essere altamente drammatico, con un’operazione legale, un po’ di suspense e un finale imprevedibile.
Fino al 1910, il patrimonio culturale di Malta godeva di una protezione legale quasi nulla.
Il proprietario di qualsiasi oggetto storico, archeologico o artistico aveva tutti i diritti assoluti inerenti alla proprietà privata – jus utendi et abutendi , nel gergo degli avvocati. Poteva sfoggiarlo, nasconderlo, distruggerlo, esportarlo, deturparlo a piacimento. Se la si possedeva, fine della storia. La proprietà privata semplicemente non aveva una dimensione sociale e suonava pericolosamente pre-bolscevico anche solo suggerire che dovesse averla.
Diversi esempi agghiaccianti di questa implacabile perversione capitalistica costellano i secoli precedenti. Ne basteranno un paio. Quando, nel 1613, a Mtarfa venne alla luce un tempio romano in marmo a grandezza naturale, i preziosi blocchi da costruzione divennero immediatamente un’occasione di riciclaggio. Tutti si sono serviti di quella miniera di marmo. Oggi di quel tempio non rimane traccia.
E quando degli archeologi britannici dilettanti vennero a conoscenza del singolare cerchio megalitico di Brockdorff a Xagħra, a Gozo, intuirono in qualche modo l’incomparabile significato culturale del sito e convinsero il governatore ad acquistare i campi per lo Stato, per consentire di effettuare scavi e indagini adeguate.
Il contadino-proprietario voleva di più. Il contadino si rifiutò e, nel 1835, per ripicca nei confronti delle autorità, si armò di un’enorme mazza e, con gusto vendicativo, distrusse sistematicamente i maestosi monoliti, uno per uno, sotto gli occhi di spettatori inorriditi, ai quali la legge consentiva solo di sorridere e sopportare.
L’Ordinanza sulle Antichità del 1910 cambiò tutto questo.
Per la prima volta nella storia, una legge riconosceva ufficialmente la dimensione sociale del patrimonio culturale in proprietà privata. L’oggetto artistico o storico apparteneva ancora al proprietario, ma lo Stato assumeva il ruolo di custode nell’interesse più ampio della comunità.
L’ordinanza introduceva l’obbligo di curare gli oggetti del patrimonio, il divieto di esportarli, distruggerli o danneggiarli e, in caso di vendita, conferiva al governo il diritto di acquisire gli oggetti alle stesse condizioni in cui erano stati venduti, entro tre mesi dalla notizia della vendita. Un passo avanti gigantesco per le autorità coloniali.
Il secondo governo autonomo del primo dopoguerra rafforzò ulteriormente questa protezione. Incaricò mio padre Vincenzo di riformulare e aggiornare l’ordinanza. Il suo lavoro ha gettato le basi della Legge sulle Antichità del 1925, superata solo nel 2002.
Il padre introdusse un concetto completamente nuovo nell’articolo 5.3: un esportatore di Malta poteva pagare la tassa di esportazione trasferendo allo Stato un’opera d’arte di valore equivalente, invece di pagare in contanti. Ciò garantì l’acquisizione di diversi capolavori eccezionali per le collezioni nazionali. La legge del 1925 finì per avere un ruolo importante nella saga Palombi-Borg Olivier.
La dinastia Borg Olivier, nata nel 1705 dal matrimonio di Carlo Borg con Angelica Olivier, coltivò costantemente legami intimi e inestricabili con l’antica chiesa di San Paolo del Naufragio a La Valletta. Due membri della famiglia divennero canonici della collegiata: Francesco e Gio Carlo. A loro si deve l’impulso maggiore alla decorazione e all’ampliamento dell’edificio, tuttora prezioso. La tradizione familiare conserva diverse storie che ruotano attorno a questo rapporto.
Il sontuoso abito da sposa di Angelica Olivier, in seta bianca ricamata a fiori, fu trasformato da un discendente in una casula per la celebrazione della messa e donato alla chiesa. Ancora oggi lo si può ammirare nella domus annessa.
Nel 1762, il Gran Maestro Pinto fece da padrino a Emmanuele Borg Olivier, battezzato nella chiesa del Naufragio di San Paolo. Emmanuele era il fratello di Sir Giuseppe Borg Olivier, il primo giudice capo maltese del periodo britannico.
Oliviero Borg Olivier, architetto, progettò l’elaborata tribuna in legno per la banda(planċier ) che veniva montata ogni anno all’angolo tra St Lucia e St Paul’s Street. La prima volta che la banda lo utilizzò, alcune assi di sostegno cedettero.
Nessuno si fece male seriamente, ma il grande tamburo, la katuba , rimbalzò inarrestabile per tutta la strada di gradini. Oliviero trascorreva il suo tempo libero a casa costruendo, perfezionando e decorando un modello in legno in grande scala della sua amata chiesa del Naufragio di San Paolo.
E il dottor Paolo Borg Olivier Sr, ministro dal 1962 al 1971, subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, contrasse la letale influenza spagnola che fece più vittime della guerra stessa. Accadde qualcosa di apparentemente senza precedenti. Grazie all’iniziativa dei Canonici Borg Olivier, una mini-processione scortò una reliquia miracolosa, un osso carpale del polso di San Paolo, dalla chiesa al suo capezzale, dove rimase fino alla sua completa guarigione.
I canonici di Borg Olivier convinsero gli amministratori della chiesa parrocchiale di San Paolo a intraprendere un grande progetto: la pittura della volta. Chiesero in giro i nomi di artisti adatti e la loro scelta cadde su Attilio Palombi, un pittore romano in voga negli ambienti artistici ecclesiastici.
Palombi (1860-1913) aveva già lavorato per Malta nel 1887, con una pala d’altare di San Paolo per le Suore di San Giuseppe dell’Apparizione a Casal Paola, ma per realizzare la commissione di Borg Olivier tornò nel 1901 e rimase diversi anni sull’isola. Poco prima di lasciare Roma, il pittore scrisse al papa di benedire lui e tutti coloro che stavano contribuendo all’abbellimento della chiesa di San Paolo.
Il soggiorno di Palombi fu tutt’altro che privo di animosità e di controversie giudiziarie
Con il tempo, il soggiorno di Palombi si rivelò tutt’altro che privo di astio, polemiche e controversie giudiziarie. Il pittore Giuseppe Calì aveva già iniziato a lavorare nella chiesa, quando la lucrosa commissione gli fu strappata e affidata a Palombi, che cancellò la produzione esistente di Calì per inserirvi la propria. Si scatena così una guerra senza esclusione di colpi tra Calì e Palombi. Calì si sentì doppiamente oltraggiato in quanto imparentato per matrimonio con i Borg Olivier, attraverso Rosa Amato, moglie di Oliviero.
Calì si vendicò di Palombi quando i frati francescani intrapresero la decorazione della loro chiesa nell’attuale Republic Street, a La Valletta. Anch’essi commissionarono il lavoro a Palombi, ma Calì, alle sue spalle, si offrì di fare il lavoro a un prezzo scontato. I frati accettarono, rinnegarono l’accordo con Palombi e assunsero invece Calì, con un colpo di fortuna. Palombi citò i frati per violazione del contratto, ma il tribunale stabilì che aveva diritto a essere pagato solo per i bozzetti .
Un ulteriore colpo di scena legale in questa contorta storia viene ora alla luce. Nel 1957, una vendita all’asta dell’eredità di Enrico Borg Olivier comprendeva due lotti, il n. 129 e il n. 130 – gli splendidi bozzetti di Palombi per i quattro pennacchi della cupola della chiesa del Naufragio di San Paolo, raffiguranti gli evangelisti. L’avvocato Giuseppe Borg Olivier de Puget, non a torto, voleva che le splendide opere di Palombi rimanessero in famiglia. Fece un’offerta e si assicurò i due lotti per 32 sterline.
Giuseppe Borg Olivier de Puget non era altro che una personalità molto colorata. Fratello maggiore di Ġorġ Borg Olivier, primo ministro dell’Indipendenza, si faceva notare per la sua natura contraria.
Da solo tra i Borg Olivier, prese le distanze dalle sue radici nazionaliste per allinearsi al Partito Costituzionale Progressista di Mabel Strickland, partecipando alle elezioni del 1951 con un candidato filo-imperialista nel distretto elettorale di Gozo. A Victoria, Gozo, riceveva i clienti in un ufficio legale sulla strada a gradini, It-Telgħa tal-Belt, che porta alla Cittadella. Per promuovere la sua campagna, ha distribuito volantini con il motto “Jekk trid issib l-faraġ/ivvota għall-avukat tat-taraġ ” (se cercate la felicità, votate per l’avvocato della via dei gradini).
Giuseppe Borg Olivier de Puget Ciantar Paleologo Chappelle Wizzini (1899-1974, laureato nel 1923) si convinse – forse a ragione – di discendere direttamente dagli imperatori di Bisanzio e di avere il diritto di essere chiamato principe di Selimbria.
Registrò formalmente questa rivendicazione nei registri del notaio Vincenzo Maria Pellegrini il 4 maggio 1953, e fece testimoniare questa dichiarazione da quattro storici maltesi più o meno eminenti che creò commendatori sul posto.
Il suo malizioso amico, l’avvocato Godfrey Randon (laureato nel 1938), un satirico garbato ma pungente, rimase sottotono di fronte all’esuberanza di tanto illustre DNA. Con discrezione prese in giro Sua Altezza Serenissima facendo circolare una poesia ironica in maltese sul pretendente reale, di cui Tonio Borg ha riprodotto alcune parti nel suo Ġustizzja bi Tbissima del 2018 (p. 72-75).
Quello che Borg Olivier de Puget non ha considerato quando ha acquistato i bozzetti all’asta è che qualcun altro li desiderava, nientemeno che il Museo Nazionale di Belle Arti.
Il ministro responsabile dei musei, Agatha Barbara, poi presidente di Malta, si avvalse dei poteri conferiti al governo dalla Sezione 4 dell’Antiquities Act del 1925, per “riscattare” i bozzetti dall’acquirente, limitandosi a rimborsargli quanto aveva speso per acquistare quelle opere d’arte. Il 28 giugno ha notificato all’acquirente che il museo esercitava il suo diritto di prendere i dipinti per le collezioni nazionali e ha depositato il prezzo di acquisto in tribunale.
Non è detto che fare l’avvocato paghi spesso, ma in questo caso è successo. La legge autorizzava il governo a preordinare le opere d’arte solo quando queste venivano “vendute”.
Così, Borg Olivier de Puget ha immediatamente donato (non venduto) i bozzetti a un parente.
Il museo non poteva più reclamarli da lui, perché ora appartenevano a qualcun altro; né poteva recuperarli dal parente, perché non erano diventati suoi attraverso una vendita, ma attraverso una donazione. Il museo si trovò così truffato.
L’acquirente mostrò il dito medio al ministro Barbara con una lettera ufficiale depositata in tribunale il 5 luglio 1957.
Per solennizzare la sua astuzia, Borg Olivier de Puget donò formalmente i quattro bozzetti al suo parente nei registri di un notaio. Circa 120 anni dopo che Palombi li ha dipinti, essi irradiano ancora gioia ai discendenti di Borg Olivier.