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ue, svolta sulle regole green: boccata d’ossigeno o passo indietro?

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L’Unione Europea cambia marcia: meno vincoli ambientali, più libertà per le imprese. Una decisione che farà discutere, ma che Bruxelles difende con forza. L’obiettivo? Dare respiro all’economia del Vecchio Continente, messa sotto pressione da colossi come Stati Uniti e Cina, senza però tradire gli impegni green.

Dopo anni di normative sempre più stringenti per la transizione ecologica, la priorità ora diventa la competitività. Un’inversione di rotta netta rispetto al primo mandato di Ursula von der Leyen, incentrato sulla lotta al cambiamento climatico. La pressione cresce anche per via della minaccia di una guerra commerciale con gli Stati Uniti, alimentata dalla politica protezionista di Donald Trump.

Il commissario europeo all’Industria, Stephane Sejourne, ha voluto rassicurare tutti: l’Europa non sta smantellando la sua agenda verde, ma la sta rendendo più sostenibile per le aziende. “L’Europa sa come riformarsi. Senza la motosega, ma con uomini e donne competenti che ascoltano il mondo economico” , ha dichiarato, lanciando una frecciata ai metodi drastici di figure come Elon Musk e il presidente argentino Javier Milei, che hanno fatto della motosega il simbolo delle loro riforme radicali.

Meno tasse, meno burocrazia: l’UE tende la mano alle imprese

Bruxelles ha presentato un pacchetto di misure per ridurre la burocrazia, abbassare i costi energetici e rafforzare il settore delle tecnologie pulite con un nuovo “Clean Industrial Deal”. Tra le prime mosse, la richiesta agli Stati membri di ridurre le tasse sulle bollette elettriche, per alleviare il peso su cittadini e imprese.

Ma non finisce qui: la Commissione ha deciso di intervenire anche su due regolamenti che avevano sollevato malumori nel mondo imprenditoriale. Si tratta della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che obbliga le grandi aziende a rendere pubblici i loro impatti ambientali, e della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che impone alle multinazionali di monitorare e correggere eventuali violazioni dei diritti umani e ambientali lungo le loro catene di approvvigionamento globali.

Ora, Bruxelles propone di alleggerire questi obblighi. Le aziende dovranno presentare i loro report di sostenibilità ogni cinque anni invece che annualmente, e le norme si applicheranno solo alle imprese con più di 1.000 dipendenti (anziché 250).

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Le nuove regole dovranno essere approvate dai governi degli Stati membri e dal Parlamento Europeo.

Battaglia politica: svolta pragmatica o tradimento ecologico?

La Commissione assicura di non voler abbandonare gli obiettivi climatici, confermando l’impegno a un’Europa carbon-neutral entro il 2050 e la riduzione dei gas serra del 55% entro il 2030. Ma la mossa ha già acceso il dibattito.

Centrali, sinistra e Verdi accusano Bruxelles di cedere alle pressioni delle lobby e di mettere a rischio i progressi fatti finora. Alcuni esponenti liberali, invece, si dicono più aperti al cambiamento. È il caso della deputata francese Marie-Pierre Vedrenne, che ammette: “Il mondo sta cambiando completamente. Dobbiamo essere in grado di dire al Parlamento Europeo: ‘Ok, a volte sbagliamo’”.

Le associazioni ambientaliste lanciano l’allarme. Amandine Van Den Berghe, dell’ONG ClientEarth, avverte: “Cambiare rotta ora sarebbe dannoso per le aziende leader nella sostenibilità, che hanno già investito risorse per adeguarsi alla legislazione”.

E aggiunge un monito che suona come un avvertimento: “Se questa diventa una corsa al ribasso, perderemo tutti”.

Foto: [Archivio Times Of Malta]

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