Il Primo Ministro australiano Anthony Albanese ha lanciato un monito ai giganti del web, chiedendo loro di assumersi la “responsabilità sociale” di proteggere i bambini dai pericoli del mondo digitale. Una nuova legge australiana, descritta come rivoluzionaria, impone alle piattaforme social di impedire ai minori di 15 anni di creare account. Ma il provvedimento, approvato in parlamento, ha scatenato una bufera tra le grandi aziende tecnologiche, che lo hanno criticato come una misura “affrettata” e piena di “domande senza risposta”.
Il dibattito è esploso. Secondo UNICEF Australia, questa legge non rappresenta “una soluzione magica” contro i pericoli online e rischia di spingere i giovani verso piattaforme “clandestine e senza regolamentazione”. Un portavoce di TikTok ha avvertito che “è del tutto probabile che il divieto spinga i giovani verso angoli più pericolosi di Internet, privi di linee guida e strumenti di protezione”
. Anche Meta, proprietaria di Facebook e Instagram, ha espresso preoccupazioni, chiedendo un confronto per trovare soluzioni che non gravino eccessivamente su genitori e adolescenti.
La normativa, che entrerà in vigore tra un anno, impone alle aziende social di adottare “misure ragionevoli” per far rispettare il divieto. Chi non rispetterà le regole rischia multe fino a 50 milioni di dollari australiani (32,5 milioni di dollari statunitensi). Ma come funzionerà tutto questo? La legge offre pochi dettagli sull’applicazione pratica, lasciando esperti e cittadini perplessi.
Emily Beall, una residente di Melbourne, ha commentato: “Non credo che cambierà molto perché non vedo come potrebbe essere realmente monitorata”. Arthur McCormack, un giovane di 19 anni, ha ricordato le esperienze negative vissute da adolescente sui social: “Penso che sia positivo che il governo stia intervenendo, ma non sono sicuro di come sarà fatto rispettare.”
Il Primo Ministro Albanese, però, difende il provvedimento, riconoscendo che l’applicazione potrebbe non essere perfetta, ma sostenendo che “è la cosa giusta da fare” per garantire “migliori risultati e meno danni per i giovani australiani.”
Tuttavia, le critiche non si fermano qui. Katie Maskiell, responsabile delle politiche di UNICEF Australia, ha messo in guardia contro i potenziali effetti collaterali di un simile divieto: “Questo divieto rischia di spingere i bambini verso spazi online sempre più clandestini e privi di regolamentazione, oltre a negar loro l’accesso a risorse essenziali per il loro benessere.” Anche Meta ha sottolineato che il processo legislativo è stato troppo rapido, ignorando le opinioni di esperti di sicurezza online, salute mentale e persino dei giovani stessi.
Le preoccupazioni non si limitano all’Australia.
Legislatori in tutto il mondo, dalla Spagna alla Florida, osservano con attenzione la situazione per valutare misure simili. Finora, nessuno ha ancora implementato un divieto di questo tipo. In Cina, invece, i limiti esistono già dal 2021, con regole rigide che consentono agli under 14 di utilizzare Douyin (la versione cinese di TikTok) per non più di 40 minuti al giorno.
La sfida ora è decidere chi sarà responsabile della verifica dell’età: le piattaforme social o gli store di app? Per alcune piattaforme, come WhatsApp e YouTube, potrebbero essere previste esenzioni, data la loro utilità per attività scolastiche e ricreative. Ma la vera battaglia, per molti, resta quella di trovare un equilibrio tra sicurezza, privacy e praticità.
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