Un’oscura ombra di orrore avvolge la Siria, dove il regime di Bashar al-Assad è stato accusato di crimini indicibili: torture, stupri e stermini sistematici che hanno devastato un popolo intero dall’inizio della guerra civile nel 2011. Con l’accumularsi delle prove e la crescente pressione internazionale, l’ONU chiede che i responsabili vengano chiamati a rispondere dei loro crimini. Ma fino a che punto arriva la brutalità del regime?
Nel 2013, un uomo coraggioso noto come “Caesar”, ex fotografo dell’esercito siriano, è riuscito a fuggire dal Paese portando con sé 55.000 immagini sconvolgenti. Quelle fotografie, scattate tra il 2011 e il 2013 e successivamente confermate come autentiche, raccontano un inferno sulla terra: corpi scheletrici, vittime con gli occhi strappati, ferite profonde sul corpo e un capannone pieno di cadaveri circondato da sacchi di plastica pronti per le sepolture. “Solo propaganda politica”, ha replicato il regime di Assad alle accuse.
Ma “Caesar” non si è fermato lì. Ha testimoniato davanti al Congresso degli Stati Uniti, e le sue immagini hanno portato a una legge americana nel 2020 che ha imposto sanzioni economiche alla Siria. In Europa, queste stesse prove hanno scatenato arresti e processi, con otto persone accusate di crimini contro l’umanità in Germania e Svezia. “Abbiamo liste con i nomi di 4.000 funzionari del governo coinvolti in questi abusi”
hanno dichiarato gli investigatori dell’ONU.
Nelle prigioni di Assad, descritte da Human Rights Watch come un vero e proprio “arcipelago di torture”, si verificano atrocità inimmaginabili: scariche elettriche, ustioni con acido per batterie, aggressioni sessuali e persino finte esecuzioni. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, oltre 100.000 persone hanno perso la vita nelle carceri del regime dal 2011.
Nel 2023, la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato alla Siria di fermare ogni forma di trattamento disumano o degradante.
L’orrore non si ferma qui: il corpo delle donne è stato trasformato in un campo di battaglia. In Germania, sette rifugiati siriani hanno denunciato nel 2020 di essere stati vittime di violenze sessuali e torture tra il 2011 e il 2013. Un rapporto dell’ONU del 2018 ha rivelato come “stupri e violenze sessuali siano stati sistematicamente utilizzati contro i civili dal regime di Assad e dalle sue milizie”
. Si stima che più di 11.000 donne abbiano subito violenze sessuali dall’inizio della guerra, molte delle quali erano minorenni.
Saydnaya, un carcere situato fuori Damasco, è stato descritto da Amnesty International come un “mattatoio umano”. Qui, migliaia di detenuti sono stati torturati, uccisi e i loro corpi smaltiti in un crematorio. Nel 2017, l’ONU ha dichiarato che gli atti del regime siriano possono essere classificati come “crimini contro l’umanità”.
Infine, il regime è accusato di aver utilizzato armi chimiche contro la sua stessa popolazione. Nel 2013, un attacco vicino a Damasco ha provocato la morte di circa 1.000 persone, e nel 2017 la città di Khan Sheikhun è stata colpita con gas sarin. “Non abbiamo mai utilizzato armi chimiche”
si è difeso il governo siriano, ma le prove e i testimoni dicono il contrario.
La verità che emerge è quella di un regime che ha trasformato la Siria in un luogo di sofferenza e morte. La comunità internazionale è chiamata a intervenire affinché giustizia venga fatta.
Foto: [Archivio Times Of Malta]