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Raid su Gaza e Beirut: cresce la tensione ai confini di Israele

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Un nuovo inferno di fuoco si è abbattuto sulla Striscia di Gaza, dove i raid israeliani hanno trasformato la notte in un incubo di sangue e macerie. Decine di vittime, tra cui donne e bambini, sono state strappate alla vita in una serie di attacchi che hanno lasciato i soccorritori a scavare disperatamente tra i resti delle case distrutte. Intanto, il conflitto si espande anche in Libano, colpendo persino una roccaforte di Hezbollah a due passi dall’aeroporto internazionale di Beirut.

Israele è in guerra su due fronti: da un lato Hamas, nel cuore di Gaza, dall’altro Hezbollah, sostenuto dall’Iran, lungo il confine settentrionale. Tutto è esploso dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che ha scatenato la furia militare israeliana con un obiettivo chiaro: distruggere ogni possibilità che i militanti islamisti possano riorganizzarsi.

Nella notte, la tragedia si è consumata a Beit Lahya, nel nord di Gaza. Qui, un raid aereo ha raso al suolo intere famiglie, lasciando dietro di sé 26 morti e almeno 59 persone sepolte sotto le macerie. “Tra le vittime ci sono donne e bambini, un’intera comunità annientata” , ha dichiarato Mahmud Bassal, portavoce della protezione civile. Altri attacchi hanno colpito il campo profughi di Bureij e la città di Rafah, portando il bilancio giornaliero a un totale di 46 morti.

Nel sud di Gaza, un drone israeliano ha lanciato un attacco mortale a Rafah, mentre nel campo profughi di Nuseirat un’altra esplosione ha ucciso tre donne e un bambino. Le cifre diffuse dal Ministero della Salute di Hamas parlano di un totale agghiacciante: oltre 43.800 morti dall’inizio del conflitto, la maggior parte dei quali civili, secondo le stime considerate affidabili dalle Nazioni Unite.

Ma il fuoco non brucia solo Gaza. A Beirut, i cieli si sono riempiti di fumo e fiamme quando una serie di raid israeliani ha colpito il cuore del quartiere meridionale, roccaforte di Hezbollah. Colonne di fumo si sono alzate vicino all’aeroporto internazionale della capitale. Poco più a sud, la città di Tiro è stata colpita da attacchi che hanno sfiorato le antiche rovine riconosciute dall’UNESCO. Anche nella valle della Bekaa, in Libano orientale, la furia israeliana ha ucciso sei persone, tra cui tre bambini.

Intanto, Hezbollah non resta a guardare. Il gruppo libanese ha rivendicato l’attacco a un carro armato israeliano nel villaggio di Chamaa, in Libano sud-occidentale. Le tensioni lungo il confine sono esplose a livelli senza precedenti da settembre, con Israele che ha intensificato le operazioni militari e già perso 48 soldati in battaglia contro Hezbollah.

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Nel mezzo di questo scenario apocalittico, le condizioni umanitarie a Gaza sono al limite del sopportabile. Un rapporto delle Nazioni Unite lancia l’allarme: nel nord della Striscia la carestia è ormai imminente. Con gli aiuti umanitari praticamente azzerati, la popolazione civile si trova intrappolata in una crisi senza via d’uscita.

Non mancano le accuse pesanti. Human Rights Watch ha definito il massiccio trasferimento di civili imposto da Israele come un “crimine contro l’umanità”. Un comitato speciale delle Nazioni Unite parla di pratiche di guerra “compatibili con le caratteristiche del genocidio”. Ma Israele e il suo alleato, gli Stati Uniti, respingono con forza queste affermazioni. “Il rapporto di HRW è completamente falso”, ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri israeliano. Washington, da parte sua, definisce le accuse di genocidio “assolutamente infondate” .

Anche in Israele la tensione è palpabile. Nella città di Caesarea, vicino a Haifa, la polizia ha arrestato tre persone sospettate di aver lanciato razzi di segnalazione nei pressi della residenza del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Nel frattempo, a Tel Aviv, le strade sono ancora una volta gremite di manifestanti. La richiesta è chiara: un accordo per liberare gli ostaggi ancora detenuti a Gaza. Tuttavia, i negoziati sembrano in una fase di stallo, con il Qatar che ha temporaneamente sospeso il suo ruolo di mediatore fino a quando le parti non mostreranno “serietà”  nei colloqui.

Foto: AFP

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