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nel mirino del Cremlino: gli avvocati di Navalny accusati di estremismo

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Tre avvocati che hanno difeso l’ex leader dell’opposizione russa Alexei Navalny sono finiti nel mirino della giustizia russa, accusati di “estremismo”. Il processo, che ha già scatenato un’onda di sdegno internazionale, segna un nuovo capitolo nella brutale repressione del Cremlino. Ma chi sono questi tre uomini? Sono coloro che, fino all’ultimo, hanno avuto il coraggio di stare al fianco del più pericoloso nemico di Vladimir Putin.

Navalny, l’uomo che sfidava apertamente il regime, è morto in circostanze misteriose lo scorso febbraio, mentre scontava una condanna a 19 anni in una prigione gelida e isolata nell’Artico. Il governo russo, invece di rispondere alle domande sulla sua morte, ha deciso di intensificare la persecuzione: i giornalisti che seguivano i suoi processi sono stati arrestati, e sua moglie, Yulia Navalnaya, è stata inserita in una lista nera di “terroristi ed estremisti”. Ma questo non era abbastanza. Ora anche i suoi avvocati vengono messi alla gogna.

Il processo contro Vadim Kobzev, Alexei Liptser e Igor Sergunin è iniziato giovedì nella regione di Vladimir, a est di Mosca, e non ci sono stati sconti. I tre, accusati di aver trasmesso messaggi tra Navalny e i suoi sostenitori, sono sospettati di aver contribuito a mantenere in vita la sua lotta politica, anche dall’isolamento del carcere. “Estremisti” , li chiama il governo russo. La pena? Sei anni di prigione. Sei anni per aver difeso l’uomo più temuto dal regime.

L’aula di tribunale si è presto trasformata in una scena surreale: i tre avvocati rinchiusi in una gabbia metallica, osservati dal pubblico e dai giornalisti, finché il giudice non ha deciso di chiudere l’udienza. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” , sembrava dire l’ordine di sgomberare la sala. Arrestati nell’ottobre del 2023, i tre sono accusati di far parte di un’organizzazione “estremista”, una definizione che il governo russo usa sempre più frequentemente per soffocare qualsiasi dissenso.

Questa manovra, però, ha una chiara intenzione. Il team di Navalny ha già fatto sapere che l’arresto dei suoi avvocati è stato un ulteriore tentativo di isolare il loro leader, che trascorreva la maggior parte del tempo in isolamento nella colonia penale. “Vogliono spezzarlo, eliminarlo psicologicamente e fisicamente”  hanno dichiarato i suoi sostenitori. Eppure, nonostante il carcere, le torture e infine la morte, Navalny continua a rappresentare una minaccia.

Durante un’udienza preliminare, Igor Sergunin ha scioccato tutti dichiarandosi colpevole. Una confessione che ha lasciato molti senza parole, mentre i suoi colleghi, Kobzev e Liptser, hanno respinto con forza le accuse. Ma davvero Putin non c’entra nulla con la morte di Navalny? Il Cremlino continua a negare qualsiasi coinvolgimento, rigettando le accuse mosse dagli alleati del leader dell’opposizione. “Non è stato Putin” dichiarano, ma pochi sembrano crederci. In quel momento, infatti, erano in corso colloqui tra Russia e Occidente per uno scambio di prigionieri, che avrebbe potuto portare alla liberazione di Navalny.

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Navalny era più di un semplice leader politico: era un simbolo. Le sue battaglie contro il Cremlino hanno mobilitato decine di migliaia di persone, portando proteste di massa nelle strade. Nel 2020, era già sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento durante una campagna in Siberia. Un’inchiesta condotta dal suo stesso team ha collegato l’attacco agli agenti dell’FSB, il famigerato servizio segreto russo, un’accusa confermata da molti media internazionali e russi.

Oggi, molti dei suoi alleati vivono in esilio, compresa sua moglie Yulia, che ha promesso di continuare la battaglia del marito. Il loro sogno di una Russia libera non si è spento con la morte di Navalny. Anzi, continua a crescere, alimentato dal coraggio di chi, come questi avvocati, non ha mai smesso di lottare.

Foto: [Archivio Times Of Malta]

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