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linkedin nei guai: maxi multa da 310 milioni per violazione della privacy

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Una vera bomba si è abbattuta su LinkedIn! La piattaforma professionale, ampiamente utilizzata da milioni di persone in tutto il mondo, è stata multata con una cifra da capogiro: 310 milioni di euro! E tutto questo per aver violato la privacy degli utenti a scopo di pubblicità mirata. La notizia è stata rilasciata giovedì dall’autorità irlandese che si occupa di supervisionare la privacy dei dati in tutta l’Unione Europea. La decisione? Clamorosa. Secondo il Data Protection Commission (DPC), “il consenso ottenuto da LinkedIn non è stato dato liberamente” .

Ma cosa significa tutto questo? Pubblicità mirata, ossia annunci costruiti su misura basandosi sui dati personali degli utenti. Una pratica che, secondo l’autorità, ha oltrepassato i confini della legalità. L’Europa, e in particolare l’Irlanda, sta da anni cercando di tenere a bada i giganti della tecnologia, e LinkedIn questa volta è finita nella rete.

Il DPC ha ordinato alla piattaforma di mettersi immediatamente in regola con il GDPR, la legislazione europea sulla protezione dei dati che dal 2018 tutela i consumatori dalle violazioni della privacy. E le parole del capo delle comunicazioni del DPC, Graham Doyle, non lasciano spazio a dubbi: “Il trattamento dei dati personali senza un’adeguata base legale è una violazione chiara e grave del diritto fondamentale alla protezione dei dati.”  Un’accusa pesante, che mette LinkedIn di fronte alle proprie responsabilità.

In una dichiarazione rilasciata giovedì, LinkedIn ha fatto sapere che, pur ritenendo di essere stata “in regola con”  il GDPR, è già al lavoro per garantire che le sue pratiche siano conformi alla decisione del DPC.

E LinkedIn non è l’unico colosso tecnologico sotto tiro. L’Irlanda ospita infatti le sedi europee di giganti come Microsoft, Apple, Google e Meta (la società madre di Facebook), e il DPC ha già inflitto multe importanti per proteggere i dati degli utenti. Solo a settembre, Meta è stata multata di 91 milioni di euro per non aver adottato misure di sicurezza adeguate per proteggere le password degli utenti e per aver impiegato troppo tempo ad allertare le autorità.

Ma la storia non finisce qui. Nel 2018, La Quadrature du Net, un’associazione francese che lotta contro la sorveglianza digitale, ha denunciato non solo LinkedIn, ma anche Google, Apple, Facebook e Amazon per lo sfruttamento illegale dei dati personali degli utenti, senza il loro consenso. Queste denunce, che includevano i nomi di quasi 12.000 persone, sono state inizialmente presentate al CNIL, l’agenzia francese per la protezione dei dati, per poi essere trasferite al regolatore irlandese.

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L’Irlanda ha emesso numerose multe milionarie a carico dei giganti del tech, mentre l’Unione Europea cerca di arginare le pratiche scorrette in materia di privacy, concorrenza, disinformazione e tasse. Solo negli ultimi tempi, l’UE ha ottenuto due vittorie legali contro Apple e Google, costringendo i giganti a pagare miliardi di euro.

Nel frattempo, in un altro caso clamoroso, un tribunale dell’UE ha annullato una multa da 1,49 miliardi di euro inflitta a Google per abuso di posizione dominante nella pubblicità online.

Ma non sono solo le autorità europee a lottare contro i giganti del tech. Negli Stati Uniti, lo scorso anno, l’agenzia per la protezione dei consumatori ha ordinato a Microsoft di pagare 20 milioni di dollari per aver raccolto illegalmente dati personali di minori registrati sulla piattaforma di gioco online Xbox, senza il consenso dei genitori.

Insomma, la battaglia per proteggere la nostra privacy è solo all’inizio, ma una cosa è certa: i giganti della tecnologia, come LinkedIn, dovranno fare molta più attenzione o pagare il prezzo delle loro azioni.

Foto: Shutterstock

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