Un cielo avvolto dal fumo, che si alza minaccioso sopra le macerie di un villaggio libanese devastato. Questo è il tragico scenario nel sud del Libano, dove la furia degli attacchi israeliani ha colpito duramente. La giornata di lunedì ha segnato una svolta drammatica: 274 persone, tra cui 21 bambini, sono state uccise dai raid aerei israeliani. Una carneficina che ha scosso il mondo e che rappresenta l’escalation più sanguinosa dall’inizio della guerra tra Gaza e Israele, esplosa il 7 ottobre.
Tutto ha avuto inizio con l’attacco più feroce mai sferrato contro Israele dal gruppo militante palestinese Hamas. Ma ciò che era iniziato a Gaza ha ora inghiottito anche il confine settentrionale di Israele, con Hezbollah, sostenuto dall’Iran, che si è lanciato in un duello mortale con l’esercito israeliano. Israele ha risposto con il pugno di ferro, colpendo oltre 300 obiettivi di Hezbollah solo nella giornata di lunedì, mentre Hezbollah ha risposto bombardando cinque siti in Israele. Il bilancio è spaventoso. “274 morti, tra cui 21 bambini e 39 donne,”
ha dichiarato il ministro della salute libanese Firass Abiad, sottolineando che circa 5.000 persone sono state ferite da martedì a causa degli incessanti attacchi israeliani.
Nel frattempo, la comunità internazionale osserva con preoccupazione crescente, temendo che questa miccia possa far esplodere una guerra totale. Da giorni i leader mondiali invocano il ritiro immediato di Israele e Hezbollah dall’orlo del baratro, mentre la situazione si è fatta rovente al confine nord di Israele, distogliendo temporaneamente l’attenzione dal conflitto con Gaza. “Dormiamo e ci svegliamo con il rumore dei bombardamenti… questa è la nostra vita ora,”
racconta disperata Wafaa Ismail, una casalinga sessantenne del villaggio di Zawtar, nel sud del Libano.
E non sembra esserci fine all’orrore. L’esercito israeliano ha avvertito i cittadini libanesi di allontanarsi da qualsiasi obiettivo potenzialmente legato a Hezbollah, affermando che “gli attacchi continueranno per il prossimo futuro”. Il portavoce dell’esercito israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha dichiarato che l’esercito “effettuerà ulteriori attacchi estesi e precisi contro obiettivi terroristici ampiamente diffusi in tutto il Libano”. In un avviso diretto ai civili, Hagari ha detto loro di “spostarsi immediatamente fuori dalla zona di pericolo per la loro sicurezza.”
Il ministro Abiad ha aggiunto che “migliaia di famiglie sono state sfollate dalle aree colpite.”
La situazione è ormai insostenibile: a Tiro, centinaia di persone hanno abbandonato le loro case, e scene simili sono state osservate nella vicina Sidone, dove file di automobili fuggivano disperatamente dalla città. Anche nella valle della Bekaa, nell’est del Libano, l’esercito israeliano ha lanciato un chiaro avvertimento: evacuate le vostre case, i bombardamenti si estenderanno.
L’antica città di Baalbek è stata avvolta da una serie di esplosioni, mentre fiamme e fumo si alzavano nell’aria come un tetro presagio. Hezbollah ha affermato di aver lanciato razzi verso siti militari vicino a Haifa e ha dichiarato di aver scagliato “dozzine di razzi” contro due basi israeliane in risposta agli attacchi israeliani nel sud e nella Bekaa. La tensione cresce ogni minuto che passa.
Anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha lanciato il suo messaggio: Israele sta agendo preventivamente per cambiare l’“equilibrio della sicurezza” nel nord del Paese. Ma Hezbollah non si tira indietro. Il suo vice-capo, Naim Qassem, ha avvertito che il gruppo è entrato in una “nuova fase, una resa dei conti aperta”
con Israele, ed è pronto a qualsiasi scenario militare.
Il fuoco incrociato non risparmia nessuno. Centinaia di migliaia di israeliani nel nord hanno cercato rifugio nei loro rifugi antiaerei domenica mattina, mentre Hezbollah lanciava una raffica di razzi attraverso il confine. L’attacco è arrivato solo pochi giorni dopo che un raid aereo israeliano aveva colpito la roccaforte di Hezbollah nel sud di Beirut, uccidendo il comandante delle forze d’élite Radwan, Ibrahim Aqil, e altri comandanti e civili.
L’offensiva, esplosa con gli attacchi di Hamas il 7 ottobre, ha già causato la morte di oltre 1.205 persone in Israele, per lo più civili, secondo un conteggio di AFP basato su cifre ufficiali israeliane. I numeri includono anche ostaggi uccisi durante la prigionia. Dei 251 ostaggi presi dai militanti, 97 sono ancora trattenuti a Gaza, tra cui 33 che, secondo l’esercito israeliano, sarebbero già morti.
L’offensiva militare di Israele ha causato oltre 41.431 morti nella Striscia di Gaza, la maggior parte dei quali civili, secondo i dati forniti dal ministero della salute di Gaza gestito da Hamas. L’ONU ha definito questi numeri attendibili. E mentre le bombe continuano a cadere, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha dichiarato che la sua amministrazione farà “tutto il possibile per evitare che scoppi una guerra più ampia”.
Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha lanciato un monito agghiacciante, avvertendo che il Libano rischia di diventare “un’altra Gaza” e ha sottolineato come sia “chiaro che entrambe le parti non siano interessate a un cessate il fuoco.”
E intanto il mondo trattiene il fiato, temendo che il Medio Oriente possa sprofondare in un conflitto totale.
Foto: [Archivio Times Of Malta]