Un barlume di speranza ha squarciato il buio assoluto della tragedia di Gaza. Dopo oltre un anno di prigionia, sei ostaggi israeliani finalmente vedono la luce della libertà, grazie a una storica tregua tra Israele e Hamas, che si concretizzerà sabato 22 febbraio 2025. Il loro ritorno a casa è un faro di speranza in un conflitto che sembra non avere mai fine, ma che in questo preciso istante lascia intravedere la possibilità di un nuovo inizio.
Dopo mesi di trattative e angoscia, una nuova fase della tregua sta per essere scritta, portando finalmente a casa persone che sono diventate simboli della sofferenza e della lotta per la vita. Ma il ritorno di questi ostaggi non è solo una buona notizia per chi li ama. La liberazione segna un passo importante in un conflitto che ha preso un numero inaccettabile di vite e ha distrutto famiglie intere. Mentre i riflettori sono puntati su questi sei prigionieri, l’intero Medio Oriente trattiene il respiro, sperando che questo scambio di prigionieri possa segnare un inizio di pace, anche se lontano e incerto.
Dal 19 gennaio 2025, con l’entrata in vigore del cessate il fuoco, già 19 ostaggi israeliani e con doppia cittadinanza sono stati liberati, insieme a cinque thailandesi rilasciati separatamente dall’accordo. Ma la speranza non si ferma qui: entro inizio marzo, altri 1.900 palestinesi detenuti in Israele potrebbero finalmente riabbracciare i loro cari. Ogni giorno che passa porta con sé una piccola vittoria, una piccola luce in un tunnel che sembra non finire mai.
E ora, i volti dei sei ostaggi israeliani che sabato saranno finalmente liberati portano con sé un peso immenso, ma anche una straordinaria storia di resistenza, paura e speranza. Ecco chi sono:
- Eliya Cohen, 27 anni: Originario di Tzur Hadassah, vicino Gerusalemme, Eliya si trovava al festival musicale Nova con la sua fidanzata Ziv Aboud, che è miracolosamente sopravvissuta all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Lavorava nel marketing e nel settore immobiliare, e fu catturato insieme ad altri tre giovani mentre si rifugiavano in un rifugio al confine con Gaza. Ziv racconta di aver sentito Eliya gridare che era stato colpito prima di essere rapito.
- Omer Shem Tov, 22 anni: Programmatore informatico, Omer si trovava anche lui al festival Nova quando Hamas ha attaccato. Da quel momento, la sua famiglia non ha più avuto sue notizie. Un video di Hamas su Telegram ha confermato che Omer si trovava a Gaza, e i genitori lo hanno identificato grazie ai suoi tatuaggi. Sua madre ricorda di come le sue telefonate fossero sempre più cariche di paura.
- Tal Shoham, 40 anni: Doppia cittadinanza israeliana e austriaca, Tal è stato rapito insieme alla sua famiglia mentre visitava parenti nel kibbutz di Beeri. Il suo caso è ancora più drammatico: è l’unico membro della sua famiglia rimasto prigioniero, mentre altri sei sono stati liberati nella tregua del novembre 2023. Tre membri della sua famiglia sono morti nell’attacco del 7 ottobre.
- Omer Wenkert, 23 anni: Un israeliano-argentino che si trovava al festival Nova con il suo amico Kim Damati, ucciso nell’attacco. Omer, primogenito di quattro figli, è stato descritto dai suoi amici come “gioviale, con un’energia contagiosa”. Il suo ultimo messaggio a sua madre prima di essere rapito è stato: “Sono terrorizzato”.
- Hisham al-Sayed, 37 anni: Un beduino israeliano con disabilità psicosociali, Hisham è prigioniero di Hamas dal 2015, quando è entrato a Gaza di sua volontà. Da quel momento, la sua famiglia ha vissuto un’angoscia infinita. Nel 2022, Hamas ha diffuso un video di Hisham, malato e sotto respiratore artificiale, che ha gelato il cuore dei suoi cari.
- Avraham Mengistu, 38 anni: Conosciuto come Avera, Avraham è un ebreo israeliano di origine etiope che soffre di disturbi mentali. Rapito nel 2014, la sua scomparsa è passata inosservata inizialmente, ma è stata poi confermata dalle autorità israeliane nel 2015. Avere notizie di lui è stato come un colpo al cuore per la sua famiglia.
E mentre i volti di questi sei ostaggi si preparano a tornare a casa, c’è anche il doloroso ritorno dei corpi di quattro prigionieri morti, che saranno rimpatriati giovedì prossimo. Una tragica testimonianza della brutalità di un conflitto che non conosce tregua.
In queste ore di speranza e dolore, la domanda resta: questo scambio di prigionieri è solo l’inizio di una nuova fase della pace, o l’ennesima illusione? Il futuro è incerto, ma per chi sta tornando a casa, ogni passo verso la libertà è una vittoria.
Foto: AFP