Un’esplosione inquietante scuote il Libano e coinvolge uno dei gruppi più pericolosi del Medio Oriente, Hezbollah. Una foto, scattata nei sobborghi meridionali di Beirut, mostra i resti di cercapersone esplosi, esposti in una località segreta. Ma chi c’è dietro a questo mistero?
Tutto sembra ruotare attorno a una spedizione di cercapersone provenienti da una compagnia taiwanese e destinata ai membri di Hezbollah. Ma quello che avrebbe dovuto essere un normale strumento di comunicazione si è trasformato in un’arma mortale. Secondo il New York Times
, Israele avrebbe inserito materiale esplosivo nei dispositivi, provocando una serie di esplosioni che hanno causato 12 morti, tra cui due bambini, e oltre 2.800 feriti. Un’accusa devastante che ha portato a un’indagine internazionale.
Ma Taiwan non ci sta. Mercoledì, la Gold Apollo, l’azienda al centro dello scandalo, ha negato categoricamente di aver prodotto i cercapersone incriminati. Hsu Ching-kuang, il capo della società, ha dichiarato ai giornalisti in modo deciso: “Non sono assolutamente nostri. Non possiamo produrre qualcosa che non ci appartiene!”
. L’azienda ha spostato l’attenzione sul partner ungherese, BAC Consulting KFT, affermando che il modello in questione sarebbe stato prodotto e venduto da loro.
Tuttavia, BAC Consulting ha risposto in modo altrettanto enigmatico. Cristiana Barsony-Arcidiacono, CEO della società, ha dichiarato a NBC News: “Non produco cercapersone. Sono solo l’intermediario. Credo ci sia stato un malinteso”
. La Barsony-Arcidiacono non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento da parte di AFP, lasciando ancora molte domande senza risposta.
Nel frattempo, Hezbollah ha puntato il dito contro Israele, accusandolo di aver sabotato i dispositivi alla fonte. Un’affermazione che aggiunge ulteriore tensione in una regione già in preda al caos. E la pista ungherese si fa sempre più fumosa: la sede legale di BAC Consulting, situata in un sobborgo di Budapest, si è rivelata essere solo un ufficio virtuale, mentre Barsony-Arcidiacono risulta essere l’unica dipendente registrata della società, fondata appena nel 2022.
Secondo il New York Times, circa 3.000 cercapersone, per lo più del modello AR924, erano stati ordinati dalla Gold Apollo. Ma l’azienda taiwanese si dissocia categoricamente da qualsiasi coinvolgimento diretto, spiegando che il loro ruolo è solo quello di autorizzare l’uso del marchio e non sono assolutamente responsabili della progettazione o della produzione di quei dispositivi. “La nostra azienda si limita a fornire l’autorizzazione del marchio e non è coinvolta nel design o nella produzione di questo prodotto”, ha affermato la Gold Apollo in un comunicato, sottolineando che non rilascerà ulteriori commenti mentre le indagini sono ancora in corso.
Le autorità taiwanesi sono intervenute rapidamente, con l’Ufficio del Procuratore Distrettuale di Shilin che ha promesso di fare chiarezza al più presto: “Se verrà accertata qualsiasi illegalità, sarà severamente punita secondo la legge”
.
Anche il Ministero degli Affari Economici di Taiwan ha esaminato attentamente la questione, dichiarando che i cercapersone prodotti dalla Gold Apollo a Taiwan hanno esclusivamente “una funzione di ricezione” e la capacità della loro batteria integrata è “simile a quella di una comune batteria AA, non in grado di esplodere causando morte o ferite”
. Dopo aver esaminato i rapporti e le immagini, il ministero ha sollevato dubbi sull’autenticità del modello incriminato, sottolineando che non esistono registrazioni di esportazioni dirette verso il Libano.
Una fonte vicina a Hezbollah, che ha chiesto di rimanere anonima, ha rivelato ad AFP che “i cercapersone esplosi facevano parte di una spedizione di 1.000 dispositivi recentemente importata da Hezbollah” e che sarebbero stati “sabotati alla fonte”
.
Nel frattempo, da Israele non è arrivato alcun commento ufficiale. Il mistero continua ad avvolgere questa vicenda, con accuse che volano e una rete di sospetti sempre più intricata.
Foto: [Archivio Times Of Malta]