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cop29: accordo storico tra speranze e ombre sul futuro climatico

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Un accordo storico, ma non senza polemiche, è stato raggiunto alla COP29 di Baku, promettendo di cambiare le regole del gioco nella lotta contro il cambiamento climatico. Tuttavia, dietro i sorrisi diplomatici, il divario tra Paesi ricchi e in via di sviluppo si è fatto sentire in negoziati che hanno oscillato tra speranza e tensione.

Il cuore dell’intesa? Un impegno a fornire almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035, una cifra che supera i 100 miliardi previsti dall’accordo precedente, ma lontana dai 500 miliardi richiesti dai Paesi in via di sviluppo. Questi fondi proverranno da “una vasta gamma di fonti”  tra cui bilanci governativi, investimenti privati e persino ipotetiche tasse globali sull’industria aerea e marittima. L’obiettivo finale è ambizioso: raccogliere almeno 1,3 trilioni di dollari all’anno entro il prossimo decennio.

“Con questi fondi e questa struttura, siamo fiduciosi di poter raggiungere l’obiettivo di 1,3 trilioni,”  ha dichiarato con ottimismo Wopke Hoekstra, commissario europeo per il clima, rivolgendosi ai delegati della COP29.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno tentato di ampliare la base dei contributori includendo Paesi come Cina e Arabia Saudita, che, pur essendo classificati come in via di sviluppo, hanno ormai economie potenti. Ma Pechino, il maggior emettitore mondiale di gas serra, ha ribadito il suo rifiuto, sottolineando di già fornire aiuti bilaterali. Una piccola concessione è stata fatta: i contributi volontari della Cina e di altri Paesi tramite banche di sviluppo multilaterali saranno conteggiati verso l’obiettivo dei 300 miliardi.

“È una questione di equità e importanza: tutti coloro che hanno le risorse devono contribuire,”  ha aggiunto Hoekstra.

Non sono mancate le tensioni anche tra i Paesi in via di sviluppo. Blocchi come i Paesi Meno Sviluppati e l’Alleanza degli Stati delle Piccole Isole hanno chiesto rispettivamente 220 miliardi e 39 miliardi di dollari all’anno. Queste richieste, però, non sono state accolte nell’accordo finale, che prevede invece di triplicare i fondi pubblici per loro entro il 2030. Per discutere ulteriori incrementi, bisognerà attendere la COP30 in Brasile nel 2025.

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Un’ombra inquietante si allunga però sull’accordo: l’assenza di riferimenti concreti alla transizione dai combustibili fossili, uno degli obiettivi principali della COP28 di Dubai. Un documento che avrebbe dovuto rafforzare questo impegno non è stato adottato, lasciando solo un vago riferimento al precedente accordo. “È stato un patto col diavolo,”  ha ammesso amaramente un negoziatore europeo, riferendosi alla pressione esercitata dai Paesi produttori di petrolio.

La proposta dell’Unione Europea di monitorare annualmente i progressi nella riduzione dell’uso di carbone, petrolio e gas è stata bloccata, con l’Arabia Saudita tra i principali oppositori. Gli attivisti temono che questa omissione possa rallentare in modo critico gli sforzi globali per affrontare l’emergenza climatica.

Foto: AFP

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