Un caos incontrollabile, urla, folla impazzita: la liberazione di due ostaggi israeliani e cinque thailandesi a Khan Yunis, nel sud di Gaza, si è trasformata in una scena di tensione e confusione assoluta. Centinaia di persone si sono accalcate, spinte dalla curiosità e dalla voglia di immortalare il momento, mentre i combattenti di Hamas e della Jihad Islamica cercavano disperatamente di mantenere l’ordine.
Nel mezzo di questa bolgia, l’80enne israelo-tedesco Gadi Moses e la 29enne israeliana Arbel Yehud venivano scortati tra la folla, visibilmente provati, fino ai veicoli della Croce Rossa. Assieme a loro, i cinque ostaggi thailandesi, i cui nomi sono stati successivamente resi noti dal governo israeliano: Watchara Sriaoun, Pongsak Tanna, Sathian Suwannakham, Surasak Lamnau e Bannawat Saethao.
Per un breve istante, le immagini trasmesse dalle televisioni hanno mostrato Yehud, con indosso un cappotto sopra una felpa rosa, spinta e strattonata tra la massa. Il volto sconvolto, gli occhi spaesati. I miliziani armati e mascherati tentavano di aprirsi un varco tra la gente per farla passare. Ma quelle immagini sono state subito rimosse: la sua famiglia ne ha chiesto la cancellazione.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha attaccato duramente Hamas, definendo le immagini della consegna degli ostaggi “scioccanti” e una prova ulteriore della “crudeltà inimmaginabile dell’organizzazione terroristica.”
“Chiunque osi fare del male ai nostri ostaggi pagherà il prezzo”
ha avvertito Netanyahu.
Nel frattempo, centinaia di palestinesi si erano radunati nei pressi dell’abitazione d’infanzia dell’ex leader di Hamas Yahya Sinwar, ucciso da Israele, aspettando di assistere alla liberazione. Dalle finestre di edifici bombardati, dai tetti sventrati, la gente cercava di vedere Moses e Yehud con i propri occhi.
“Siamo venuti per assistere a questo momento storico della consegna dei prigionieri. Siamo orgogliosi della resistenza: ha protetto la vita degli ostaggi durante tutta la guerra di sterminio dell’occupazione”
ha dichiarato Mohammed Al-Astal, 32 anni, all’AFP.
Hamas e la Jihad Islamica non hanno lasciato nulla al caso: oltre 100 combattenti armati sono stati schierati a Khan Yunis per garantire che tutto andasse secondo i piani.
Ma se a Khan Yunis la liberazione degli ostaggi si è svolta nel caos, a Jabalia, nel nord di Gaza, il rilascio della soldatessa israeliana Agam Berger è avvenuto in maniera più controllata, ma non per questo meno surreale.
Vestita con una divisa militare verde, Berger è stata scortata da Hamas su un palco improvvisato, circondata da combattenti mascherati. Poi, il momento che nessuno si aspettava: come se fosse una cerimonia, le hanno consegnato una borsa regalo e un certificato incorniciato in oro, simbolo della fine della sua prigionia. Per qualche secondo, la 20enne ha fissato il pubblico con uno sguardo fermo, senza espressione. Poi, su richiesta di un cameraman di Hamas, ha alzato la mano per un cenno di saluto. Ma senza trasporto.
A Tel Aviv, invece, scene di festa: urla di gioia hanno accolto la notizia della sua liberazione. All’ospedale Bellinson, gli ex ostaggi rilasciati nei giorni precedenti—Liri Albag, Naama Levy, Daniella Gilboa e Karina Ariev—hanno celebrato la libertà della loro amica.
Intanto, nel campo profughi di Jabalia, Hamas ha messo in scena una dimostrazione di forza. Decine di uomini delle Brigate Ezzedine Al-Qassam, con fucili d’assalto e inconfondibili fasce verdi sulla testa, hanno scortato i veicoli della Croce Rossa fuori dalla città devastata.
Ovunque, resti di edifici crollati. Miliziani schierati in cima a cumuli di sabbia, ammassata dai bulldozer israeliani. Su uno scheletro di cemento, con i piani superiori ridotti in macerie, sventolava una gigantesca bandiera palestinese, estesa su cinque piani. Un messaggio chiaro al mondo: Hamas è ancora qui.
Foto: AFP/HO/Esercito Israeliano