L’ombra scura e pesante degli abusi sui minori nella Chiesa cattolica incombe sulla visita di Papa Francesco in Belgio questa settimana, ma un altro scandalo, altrettanto sconvolgente, continua a turbare il Paese: le “adozioni forzate”
di neonati strappati dalle braccia delle loro madri, con la complicità delle suore.
Lieve Soens, oggi una donna di 50 anni, è una di quelle vittime. Fu adottata da una coppia belga nel 1974, subito dopo essere nata a Dunkerque, nel nord della Francia, da una giovane donna che, devastata dalla vergogna, scelse l’anonimato grazie al sistema del parto “sotto X”. Ma le domande che tormentano Lieve non hanno mai smesso di riecheggiare nella sua mente: come è stato possibile che sua madre biologica, allora un’adolescente, sia stata prelevata dalle suore di Lommel, in Belgio, e portata a Dunkerque, oltre 200 chilometri di distanza, per partorire un figlio che non avrebbe mai più rivisto?
La ricerca della verità per Lieve è diventata un’ossessione. Il primo passo? Rintracciare la madre biologica. Con l’aiuto di un gruppo di sostegno per vittime di adozioni forzate, Lieve è riuscita a localizzarla nelle Fiandre, la stessa regione belga in cui vive anche lei. Ma l’incontro tanto desiderato non è mai avvenuto: la madre, attraverso una lettera inviata dal suo avvocato, ha rifiutato di vederla.
Forse ha paura
racconta Lieve, visibilmente turbata, nell’intervista rilasciata nella sua casa di Kuurne.
“Dopo il parto, le dissero che il bambino era morto, e probabilmente non ha mai rivelato alla sua nuova famiglia di quella gravidanza che ha avuto a soli 16 anni – è un segreto troppo doloroso da confessare.”
Le scuse tardive della Chiesa
Nel 2023, il quotidiano fiammingo Het Laatste Nieuws
ha scosso il Paese pubblicando testimonianze agghiaccianti di diverse vittime di queste adozioni forzate, tra cui quella di una madre a cui venne strappato il neonato poco dopo il parto. L’indagine rivelò che le suore belghe furono coinvolte in circa 30.000 casi tra il 1945 e il 1980, un numero impressionante.
Sebbene la maggior parte di queste nascite avvenisse in Belgio, tra 3.000 e 4.000 donne incinte furono portate in Francia. Qui, il sistema “sotto X” cancellava ogni traccia del legame tra madre e figlio, rendendo impossibile rintracciare la propria famiglia d’origine, spiega l’organizzazione di supporto Binnenlands Geadopteerd, che assiste le vittime di adozioni forzate.
Il denominatore comune di queste storie? Giovani donne non sposate, molte delle quali vittime di violenze sessuali o incesti, costrette dai genitori a nascondere la gravidanza per paura della vergogna sociale. I genitori, disperati, cercavano aiuto nella Chiesa, che le metteva in contatto con famiglie desiderose di adottare, alimentando un vero e proprio traffico di anime innocenti.
La Conferenza episcopale belga ha chiesto scusa ufficialmente più volte, la prima nel 2015 e poi nuovamente l’anno scorso. Ha anche dichiarato di essere favorevole a un’indagine esterna che facesse luce su ogni responsabilità, ma finora non è stato avviato nulla.
Nella sua lunga ricerca per ritrovare le sue origini, Lieve ha sempre avuto il sostegno dei genitori adottivi. “Erano convinti di fare la cosa giusta,”
racconta. Le mostrarono tutti i documenti del 1974, tra cui il suo certificato di nascita che attestava l’adozione e il cambio di nome, e una fattura della clinica privata in cui era venuta al mondo. Ma questo non placò la sua sete di verità.
“Ogni giorno che passa è un giorno perso”
Dopo la morte dei genitori, avvenuta circa vent’anni fa, Lieve ha intensificato la sua ricerca. “Non voglio ferire nessuno, voglio solo la verità,” confessa, con un misto di dolore e determinazione. Ma non nasconde la sua “rabbia verso la Chiesa, le suore e la clinica”, tutte responsabili di questo inganno.
Questa settimana, Lieve sarà tra gli ospiti attesi al Palazzo di Laeken, la residenza reale dove Papa Francesco terrà un discorso alla nazione belga. Per un attimo, lei e altri due “adottati” avevano sperato di poter avere un’udienza privata con il Pontefice, ma le autorità ecclesiastiche hanno preferito concentrarsi su persone che avevano subito abusi sessuali da parte del clero durante l’infanzia.
Il gruppo di circa 15 persone scelto per incontrare il Papa doveva infatti aver vissuto “casi relativamente simili”, ha spiegato Tommy Scholtes, portavoce della Conferenza episcopale belga.
Ma per Debby Mattys, cofondatrice di Binnenlands Geadopteerd e anch’essa vittima di un’adozione forzata negli anni ‘60, è stata una decisione sbagliata. “La Chiesa può davvero aiutarci a trovare soluzioni per riunire i genitori biologici con i figli che furono loro sottratti,”
afferma la Mattys, oggi 57enne, con un senso di urgenza nella voce.
“È davvero una corsa contro il tempo, perché i nostri genitori sono già molto anziani. Ogni giorno che passa è un giorno perso.”
Foto: AFP