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Campionessa di bowling denuncia un “abuso d’ufficio” nel caso protrattosi per 21 anni

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Foto d’archivio: Times of Malta

Un’ex campionessa di bowling, scagionata da ogni responsabilità penale dopo 21 anni di procedimenti giudiziari per il suo presunto coinvolgimento in un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, si è ora rivolta alle autorità affinché si assumano la responsabilità dei danni subiti a causa di un “abuso d’ufficio”.

Sue Abela, atleta sette volte sportiva dell’anno e insignita dell’onorificenza Ġieħ ir-Repubblika nel 1999, sostiene che l’accusa non è stata solo un’umiliazione e un trattamento ingiusto, ma anche una violazione dei suoi diritti fondamentali.

Il suo calvario è iniziato nel 2022 quando è stata accusata insieme ad altre 18 persone per il presunto coinvolgimento in un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di quattro chilogrammi di cocaina e un chilogrammo di cannabis a Malta e in Italia.

Abela ha protestato fin dall’inizio la sua innocenza, confutando le accuse mosse contro di lei dall’antidroga.

Ma il procedimento penale si è protratto e dopo l’assoluzione da parte della Magistrates’ Court, il Procuratore Generale ha fatto appello.

La sentenza definitiva che conferma l’assoluzione di Abela è stata emessa lo scorso settembre dalla Corte d’Appello Penale.

L’ex campionessa sportiva ha ora depositato una lettera giudiziaria presso la Prima Aula del Tribunale Civile, sostenendo di aver subito un trattamento ingiusto presso la Questura.

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La donna ha dichiarato di aver passato un periodo difficile a causa del processo penale e di aver subito un’umiliazione anche perché era un personaggio pubblico molto conosciuto grazie alla sua partecipazione allo sport a livello nazionale.

In passato aveva già vinto per sette volte il titolo di sportiva dell’anno e, nel 1999, era stata insignita del premio Ġieħ ir-Repubblika.

Secondo i suoi avvocati, Abela è stata accusata “inutilmente” insieme agli altri sospettati, essendo stata presa di mira da un “abuso d’ufficio”.

Inoltre, il fatto che il procedimento penale si sia trascinato per 21 anni, senza alcuna colpa da parte sua, significa che Abela ha subito una violazione dei diritti fondamentali a causa di tali ritardi eccessivi.

La donna chiede ora al Commissario di Polizia, all’Avvocato dello Stato e al Procuratore Generale di assumersi le proprie responsabilità e di farsi avanti per il risarcimento dei danni.

Se non lo faranno, Abela ricorrerà a ulteriori azioni legali per salvaguardare i suoi diritti.

L’avvocato Edward Gatt ha firmato la lettera giudiziaria.

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